Biodiversità umane e vegetali in relazione: ripartire dai semi
di Dario Boldrini
Nei cicli della natura tutto è in equilibrio, a partire dall’alternanza delle stagioni e dall’impulso della luna e dei pianeti sulla terra e sui semi che coltiviamo. Febbraio è un mese propizio da questo punto di vista perché ci apprestiamo all’atto della semina, preparandoci alla primavera e celebrando il miracolo della germinazione. Tutto parte da un piccolo seme dormiente che si trasforma, esprimendo le sue forze vitali al cielo.
Oggi, però, lo straordinario patrimonio di biodiversità botanica del nostro Paese si trova a fare i conti con la normativa dominante legata ai semi, che è in totale violazione della democrazia e priva di fondamento nella giurisprudenza o nelle scienze. Sono molti gli strumenti giuridici che portano a considerare la pratica secolare di selezione dei semi e la loro conservazione e condivisione da parte degli agricoltori un vero e proprio crimine.
Ma prendersi cura del terreno è come prendersi cura dei semi che vi saranno accolti e così, dal substrato culturale di una nuova generazione di “ortisti” ecologici, si diffonde la buona pratica dell’autoproduzione di sementi, la successiva sperimentazione e infine lo scambio, per una capillare distribuzione gratuita. L’intento è arricchire e rigenerare l’ambiente impoverito dalle monocolture e da un approccio alla gestione del suolo di tipo utilitaristico, produttivo e senza alcun accorgimento alla sostenibilità.
I tempi sono maturi per una sana sinergia fra l’uomo e i semi da spargere a terra. Recuperiamo allora quella capacità di saper discernere, l’intelligenza della terra e delle comunità agricole evolute nel corso dei secoli che hanno condotto fino a noi la salubrità di un seme di grano antico o di un albero da frutto. Non abbiamo bisogno di troppe nozioni, corsi di formazione e titoli… piuttosto di una manciata di semi di ortaggi, fiori e arbusti da frutto. Coltivare è forse il più alto gesto di cura e cultura rispetto al nostro pianeta. Fra l’altro in Italiano cultura è un termine che deriva dal verbo colere che significa coltivare, da cui proviene anche il termine agricoltura, la coltivazione dei campi appunto. I terreni esigevano cure continue e attente e ben presto fu esteso l’uso del verbo colere a tutte le attività e situazioni che richiedevano un’assidua cura.
Il segreto è semplice ma l’applicazione complessa. Accogliere la diversità vegetale come si accoglie la diversità umana è la svolta per poter amplificare un’agricoltura naturale, resiliente, che esprima al meglio la propria qualità e nutrizione. Sviluppare una sinergia sempre maggiore con i semi e con il patrimonio genetico che custodiscono. Osservare quel che Madre Terra semina gratuitamente, integrando le diversità. Valorizzare la ricchezza che si manifesta ai margini, creare un ecosistema e fare di questo pianeta un giardino rigoglioso.
Dario Boldrini è nato e vive a Montespertoli (Fi). Dopo 12 anni di lavoro in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze (ha progettato alcuni dei primi orti urbani) ha scelto di vivere nel podere di famiglia San Ripoli dove, insieme alla compagna Elisa, ha fondato l’associazione Seminaria. Un progetto che spazia dalla creazione di orti e giardini ai laboratori di orticoltura per bambini e adulti, dalle spirali di erbe aromatiche ai seminari di orti creativi.
Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per il programma GEO di RAI 3 in giro per l’Italia. Il suo progetto della Terza Piazza a Firenze (Coop di piazza Leopodo) è diventato un modello di aggregazione sociale.
“Giardiniere planetario” è una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo e paesaggista francese.
www.darioboldrini.net
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