“Dall’azienda messaggi fuorvianti e diseducativi. Il contenitore non è cartone ma tetrapak, potenzialmente ancora più inquinante della plastica”.
MARRADI (Fi) – Una multinazionale spagnola ha aperto a Marradi l’unico impianto italiano di imbottigliamento dell’Acqua in brick. Operazione molto pubblicizzata e presentata come “la risposta ecologica alle esigenze di cambiamento”. Ma è davvero così? La pensa diversamente il Centro Ricerca Rifiuti Zero Capannori che insieme ad altri gruppi e associazioni ha firmato il seguente comunicato.
Si sta diffondendo anche in Italia l’acqua in… brick. (www.acquainbrick.it). “Acqua di mucca?” “Acqua artificiale?” “Succo di acqua?” si chiedono i bambini stupiti mentre maneggiano il contenitore.
L’Acquainbrick, della multinazionale spagnola LY Company Group, è davvero “La risposta ecologica alle esigenze di cambiamento” come si legge nella trionfalistica campagna pubblicitaria con un greenwashing spinto al massimo?
Questi, purtroppo, sono i frutti avvelenati che abbiamo prefigurato e denunciato per tempo delle campagne “Plastic free” che si concentrano solo sull’eliminazione della plastica e non sullo sviluppo di alternative migliori, riusabili e con vuoto a rendere.
Messaggi fuorvianti, diseducativi che mettono in ombra tutto lo sforzo fatto finora (da Comuni, associazioni, scuole) per invitare le persone a bere acqua del rubinetto, alla spina: ricordiamo la campagna l'”acqua del sindaco”, la campagna “imbrocchiamola” per chiedere che anche ristoranti e bar servano acqua in caraffa, ricordiamo i tanti progetti di sensibilizzazione nelle scuole, con le borracce regalate ai bambini e ai ragazzi.
Sappiamo che a Marradi, dove ha sede l’unico impianto italiano di imbottigliamento, l’azienda sta fortemente pubblicizzando l’acqua in brick regalando migliaia di brick al Comune e che sono previste attività nelle scuole.
Quest’estate Acquainbrick è stata scelta come “acqua ufficiale” per tutti i bambini e i ragazzi che hanno partecipato ai campus di Milanosport. “A tutti i piccoli ospiti dei campus vengono dati in dotazione due brick in versione Splash, per dissetarsi nel corso della mattina e del pomeriggio” (https://www.acquainbrick.it/milanosport/)
Con quale messaggio? Ora la borraccia non va più di moda? W l’usa e getta?
Dovremmo insegnare ai ragazzi che il cambiamento passa dalla riduzione dei rifiuti, non dalla sostituzione di un contenitore inquinante (plastica) con uno potenzialmente ancora più inquinante (tetrapak).
“Scegliamo l’acqua in contenitori di cartone e ci impegniamo in modo responsabile, sostenibile e trasparente a costruire un pianeta migliore” si legge ancora nel sito.
Cartone? Anche i bambini sanno che l’acqua scioglie il cartone.
Non è quindi cartone, è tetrapak, un poliaccoppiato, 3 strati: cartone, plastica e alluminio la cui modalità di smaltimento varia da Comune a Comune, (il 28% dei Comuni italiani, come ammette anche il sito, non prevede neppure modalità di riciclaggio e quindi il brik finisce nell’indifferenziata). Un riciclaggio che implica procedimenti complessi, dispendiosi di energia e non tutto il materiale poi viene effettivamente riciclato. A questo si aggiunga il tappo, che in una percentuale “alta” deriva da fonti vegetali (canna da zucchero dichiarata sostenibile). Ammettendo che la canna da zucchero sia sostenibile, il trasporto dall’altro capo del mondo fino a noi, per fare un tappo, è davvero così sostenibile?
C’è davvero bisogno di questo viaggio e della relativa emissione di CO2 per bere la stessa acqua che sgorga dai nostri rubinetti?
Ma non tutti hanno l’acqua buona, si dirà. Su questo ci sono tantissimi pregiudizi perché di fatto l’acqua dell’acquedotto è sempre potabile, controllata, oligominerale, i dati sono trasparenti e pubblicati nei siti comunali.
Anche ammettendo che l’acqua direttamente dal rubinetto non sia “gradevole” si possono utilizzare filtri, purificatori oppure comprare acqua da bottiglie di vetro vuoto a rendere.
“Sempre meglio il tetrapak della plastica”? Non proprio.
Se siamo in ambito di raccolta differenziata e riciclo è decisamente meglio la plastica PET che il tetrapak, poiché polimero di valore e riciclabile.
L’UE ha imposto l’obiettivo del 90% di raccolta differenziata della plastica e farà introdurre i sistemi di deposito cauzionale (cui il tetrapak invece sfugge).
Il tetrapak si ricicla male (per questo paga addizionale CAC di 20 euro/t a COMIECO) e solo 4 cartiere in Italia sono in grado di recuperarne la carta.
Rimane infine il problema del 30% di plastica e alluminio, con cui si può fare ecoallene, ma non ha molto mercato.
All’inefficienza operativa conclamata del riciclo del tetrapak “Acquainbrik” contrappone un “progetto di ricerca”, sicuramente interessante, ma prima di inondare i Comuni con i brick non sarebbe meglio attendere i risultati della ricerca?
Noi continuiamo a sostenere che il riciclo è l’ultima scelta per la sostenibilità, occorre infatti ridurre a monte i rifiuti: non solo chiudere il cerchio ma ridurre il diametro del cerchio. Non dobbiamo combattere solo la plastica ma la cultura dell’usa e getta che sta contribuendo a distruggere l’ecosistema. E l’acqua in brik non ci aiuta.
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