In campo anche Legambiente nazionale e regionale. Alla precedente richiesta del circolo di Carrara il Comune aveva risposto fornendo dati anonimi.
di Iacopo Ricci
24 maggio 2024
CARRARA – Conoscere la verità sulla gestione delle cave di Carrara, con i nomi delle società e i dati aggiornati. È quanto chiedono Legambiente Nazionale, Legambiente Toscana e Legambiente Carrara con nuova una richiesta di accesso civico al Comune: “Chiediamo formalmente di conoscere, insieme ai quantitativi estratti aggiornati al 2023, i nomi delle società che gestiscono le singole cave, così da poterle localizzare sul territorio per valutarne pubblicamente i risultati e le modalità di gestione”.
Un passo deciso dopo che la precedente richiesta fatta dal circolo di Carrara nel gennaio 2023 aveva ricevuto, dopo un lungo tira e molla, solo mezze risposte con dati comunicati in forma “anonima”, cioè senza indicare il titolare dell’autorizzazione.
Che l’impatto ambientale delle attività estrattive sia da tempo insostenibile (per esempio i fiumi inquinati dalla marmettola) è sotto gli occhi di tutti. Così come l’urgenza di rendere davvero trasparente la gestione di un settore economico caratterizzato da profitti altissimi e costi sociali e ambientali ancora più alti. I dati raccolti finora da Legambiente Carrara e riuniti in un dossier lasciano pochi dubbi.
Dal 2005 al 2022 nelle 76 cave analizzate sono state estratte oltre 68 milioni di tonnellate di materiali, di cui soltanto il 22,8% è composto da blocchi di marmo e ben il 77,2% da detriti (utilizzati perlopiù nell’industria del carbonato di calcio). Sono addirittura una decina le cave con una resa in blocchi inferiore al 10%. Numeri in contrasto con i principi stabiliti dal PIT-PPR (Piano di Indirizzo Territoriale integrato al Piano Paesaggistico Regionale).
Ovviamente non tutte le cave sono uguali, fa notare l’associazione ambientalista. Accanto a quelle che rispettano le regole ce ne sono altre, non solo di piccole dimensioni, che sostanzialmente producono soltanto detriti, quasi sicuramente destinati al mercato del carbonato di calcio. Sorvegliata speciale una della cave più grandi che dovrebbe, per Legambiente, essere dismessa: da questa, in 18 anni, sono state estratte oltre 4 milioni di tonnellate di materiali di cui appena l’8,58% sono blocchi di marmo e oltre il 91% detriti. E tra le cave piccole ben 4 sono quelle che risultano aver lavorato senza estrarre nemmeno un blocco.
“L’azione formale che abbiamo intrapreso questa volta come Direzione Nazionale verso il Comune di Carrara – affermano il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani e quello di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza – ha un duplice obiettivo: aggiornare al 2023 i dati sulle attività estrattive ma soprattutto conoscere, per ogni cava, quale società la gestisce, così da poterla localizzare. Informazioni indispensabili per consentire una valutazione pubblica sulla produttività dei giacimenti e avanzare così proposte di pianificazione in grado di ottimizzare i benefici economici e ridurre al minimo gli impatti ambientali, nel rispetto di quanto previsto dagli stessi Piani regionali. L’appello che lanciamo al Comune, nell’interesse delle Alpi Apuane, delle aziende che operano correttamente e dell’intera comunità, è di non lasciare inevasa questa ulteriore richiesta di trasparenza”.
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