Si apre la possibilità di applicare al fico nuove metodologie di miglioramento genetico che potrebbero rilanciare la coltivazione di questa specie, in declino da decenni.
PISA – Per la prima volta l’Università di Pisa è capofila in uno studio che ha l’obiettivo di sequenziare il genoma di una pianta superiore, il fico. Il team di ricercatori pisani, coordinato dalla professoressa Lucia Natali, è composto da genetisti vegetali e da bioinformatici dell’università, coadiuvati da alcuni ricercatori della Scuola Sant’Anna, dell’Università di Perugia e del centro di ricerca inglese Rothamsted Research, con la collaborazione del Consorzio Associazione Produttori Fichi Secchi di Carmignano (Prato).
I primi firmatari dello studio, pubblicato sulla rivista The Plant Journal, sono due giovani studiosi, Gabriele Usai, che sta per conseguire il dottorato di ricerca, e la ricercatrice Flavia Mascagni. Il progetto di ricerca è stato finanziato su fondi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali e in parte su fondi legati a un progetto di ricerca di ateneo.
“Il fico è una delle più antiche ed evocative specie coltivate dall’uomo – spiega Lucia Natali – Secondo alcuni studiosi della Bibbia l’albero della conoscenza di Adamo ed Eva nel Paradiso non sarebbe stato un melo ma un fico. L’Italia era fino agli anni ’70 il primo produttore mondiale, poi c’è stato un declino. La disponibilità della sequenza dell’intero genoma apre la possibilità di applicare al fico metodologie innovative di miglioramento genetico, come la selezione assistita da marcatori molecolari e il genome editing, che potrebbero rilanciare questa specie coltivata, che possiede grande capacità di adattamento a situazioni ambientali avverse, come quelle che si prevedono in seguito al climate change, e i cui frutti hanno un elevato valore nutrizionale e nutraceutico. Poiché uno dei principali problemi è la rapida deperibilità dei frutti, si potrebbe intervenire sui geni che controllano questo carattere e ottenere piante che producono frutti a più lenta maturazione, quindi più adatti a un mercato globalizzato e non solo locale”.
Fonte: Università di Pisa
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