È in grado di analizzare le camere magmatiche e potrà aiutare a prevedere un’eruzione e la sua intensità. I primi test su 5 vulcani italiani.
Redazione
9 settembre 2023
FIRENZE – Una app basata sull’Intelligenza Artificiale in grado di svelare i segreti dei vulcani: l’ha messa a punto un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze. L’applicazione, in grado di predire dove si trovano le camere magmatiche dei vulcani e quanto sono profonde, può aiutare a prevedere un’eruzione e la sua intensità.
Allo strumento di analisi, che è a disposizione della comunità scientifica, è dedicato un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Earth and Planetary Science Letters.
“Per ricostruire la struttura profonda di un sistema vulcanico sono necessarie le informazioni su pressione e temperatura dei serbatoi di magma e sulla loro eventuale migrazione nel tempo, informazioni difficili da reperire per via diretta e che sono cruciali per una valutazione consapevole della pericolosità di un vulcano – spiega Simone Tommasini, docente di Petrologia e Petrografia dell’Ateneo fiorentino e coordinatore del team –. A ispirare la nostra ricerca è stata la considerazione che per questa valutazione e per gestire il rischio vulcanico abbiamo bisogno di nuovi metodi di indagine, creando sinergia tra diverse competenze”.
È nata così GAIA (Geo Artificial Intelligence thermobArometry), sistema di intelligenza artificiale che, partendo dai dati a disposizione sulla composizione chimica dei clinopirosseni, minerali che si ritrovano comunemente nelle rocce vulcaniche, è in grado di determinare pressione e temperatura – e quindi profondità – delle camere magmatiche da cui questi minerali si sono originati. “L’App – prosegue il docente – consentirà di analizzare la storia eruttiva di un vulcano e vedere se esiste una correlazione tra la profondità di un serbatoio magmatico e l’intensità dell’eruzione, il cosiddetto Volcanic Explosivity Index”.
I ricercatori hanno applicato GAIA allo studio dell’anatomia di cinque vulcani italiani attivi – Etna, Stromboli, Vesuvio, Vulcano e Campi Flegrei – e partendo dalla composizione dei singoli clinopirosseni hanno ricostruito le caratteristiche dei serbatoi magmatici presenti al di sotto di ciascun vulcano durante la sua intera storia eruttiva.
“I test effettuati sui vulcani confermano la capacità predittiva della rete neurale sugli episodi del passato – concludono Duccio Fanelli e Luca Bindi, rispettivamente docenti di Fisica della materia e di Mineralogia dell’Università di Firenze – e ci auguriamo che la App, di libero utilizzo, possa diventare un efficace strumento di lavoro grazie al quale sarà possibile svelare più facilmente la dinamica dei sistemi vulcanici, contribuendo così a raccogliere indizi utili alla valutazione del rischio di eruzione”.
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