Agricoltura

Toscana, cinghiali più che raddoppiati in 10 anni. La denuncia di Coldiretti

cinghiale
“Legge Obiettivo del 2015 non ha funzionato, serve riforma”. I cinghiali sarebbero ormai 450 mila, con una media di un animale ogni cinque abitanti.

 

Cinghiali, la situazione è ormai fuori controllo. Più che raddoppiati negli ultimi dieci anni sono saliti a 450 mila in Toscana, con una stima dei danni che supera i 4,5 milioni di euro. E’ quanto denuncia Coldiretti Toscana che sollecita la radicale riforma della Legge regionale obiettivo del 2015.

“Negli ultimi anni le popolazioni di cinghiali hanno guadagnato terreno rispetto alla presenza umana – denuncia Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana – con una concentrazione media di un animale ogni cinque abitanti. Ogni 100 ettari di territorio si registra la presenza di almeno 20 cinghiali, mentre il Piano faunistico regionale ne prevede da 0,5 a un massimo di 5 capi. Si conta un ungulato per ogni pecora negli allevamenti, 4 per ogni maiale e 6 per ciascun bovino”.

A rischio per l’eccessiva proliferazione di animali selvatici sarebbe secondo Coldiretti l’intero settore agroalimentare toscano con le sue produzioni tipiche e i suoi 32 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) riconosciuti dall’Unione Europea tra formaggi, oli extravergine di oliva, salumi e prodotti a base di carne, vini, panetteria e pasticceria.

Un patrimonio, sottolinea l’organizzazione degli agricoltori, “conservato nel tempo dalle oltre 40 mila imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari. Un tesoro messo a rischio dall’avanzata dei cinghiali che sempre più spesso si spingono fin dentro i cortili e sugli usci delle case, scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole”.

Una situazione che costringerebbe ormai le aziende a lasciare i terreni incolti, visto che coltivarli non conviene più. Occorre dunque, conclude il presidente Filippi, riformare radicalmente la Legge Obiettivo “che dal 2015 a oggi non ha evidentemente sortito i risultati sperati”.

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