Gli studi di due giovani ricercatori dell’Università di Firenze confermano che alcuni vegetali sono in grado di accumulare e tollerare nei loro organi metalli pesanti e concentrazioni tossiche.
FIRENZE – Utilizzare le piante e i microrganismi ad esse associati per eliminare, contenere o rendere meno tossiche le sostanze presenti in terreni e acque contaminate. Il fitorimedio è il tema al centro dello studio di Elisa Azzarello e Werther Guidi Nissim, due ricercatori fiorentini che operano sotto la responsabilità scientifica del professor Stefano Mancuso del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali (DAGRI).
“Le piante terrestri sono apparse circa 470 milioni di anni fa – spiegano Azzarello e Guidi Nissim – Nel corso dell’evoluzione, hanno sviluppato meccanismi adattativi necessari alla sopravvivenza in condizioni ambientali difficili, al punto che alcune di esse oggi sono in grado di accumulare e tollerare nei loro organi sostanze come determinati metalli pesanti a concentrazioni che normalmente risultano tossiche per gli altri organismi. Queste prime constatazioni hanno suggerito l’idea di impiegare i vegetali proprio per bonificare terreni e acque contaminate”.
Il team fiorentino ha sviluppato due progetti finanziati dal Ministero della Difesa nell’ambito del Piano Nazionale della Ricerca Militare. Il primo dal titolo “Vegetal System For Pollution Avoidance” ha riguardato la bonifica di un sito contaminato da metalli pesanti ed è stato realizzato all’interno dell’Arsenale Militare Marittimo di Taranto. L’indagine ha mostrato che nei primi due anni di sperimentazione pioppo e salice assorbono e traslocano negli organi epigei dal sessanta al settantacinque per cento dello zinco disponibile nel terreno e che la canapa da fibra è molto adatta all’assorbimento del piombo. I risultati di questa ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Environmental Science and Pollution Research.
Il secondo progetto, dal titolo “Innovative Plant Environmental Remediation”, è ancora in corso ed è relativo alla bonifica di un sito altamente contaminato presso l’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia. In questo caso lo scopo dell’attività è dimostrare l’efficacia del fitorimedio anche in condizioni di elevata contaminazione ambientale e “sebbene la campagna di raccolta dati sia ancora in corso – spiegano i due ricercatori – i primi risultati sono molto incoraggianti”.
In una terza ricerca i due giovani studiosi hanno si sono occupati invece della funzionalità del fitorimedio per la bonifica di fanghi di depurazione. L’indagine ha evidenziato un elevato potenziale delle piante di depurazione nei confronti di diversi contaminanti e in particolare ha mostrato un’elevata capacità di rimozione del cromo e il salice di alcuni inquinanti organici dal fango. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista “Environmental Research”.
Il fitorimedio – proseguono i ricercatori fiorentini – è una tecnica che comporta costi molto più contenuti rispetto alle tecniche di bonifica convenzionali, presentando inoltre un elevato valore ecologico-estetico e un alto livello di accettabilità sociale. I suoi limiti principali sono rappresentati dal campo di applicazione ristretto agli ambienti in cui le piante possono effettivamente vivere e dai tempi di bonifica generalmente più lunghi rispetto a quelli richiesti dalle tecniche classiche. E’ quindi una tecnologia promettente perché caratterizzata da elevata sostenibilità ecologica ed economica, ma molti aspetti legati al suo funzionamento dovranno essere ancora attentamente valutati prima di una sua diffusione su larga scala”.
Fonte: Università di Firenze
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