Nel suo “respiro annuale” attraverso le stagioni la terra ci viene incontro. Prendiamocene cura senza violentarla e sfruttarla.
di Dario Boldrini
Il 95% del cibo che ci nutre viene dalla terra. In un cucchiaio di terra ci sono più esseri viventi che nel pianeta intero. Basterebbe questo per affermare che prendersi cura della Terra è il primo passo per prenderci cura di noi stessi e della nostra salute.
Oggi viviamo in una società paradossale che nel settore del giardinaggio mette giustamente al bando prodotti diserbanti ritenuti pericolosi per la salute umana e gli organismi viventi mentre in agricoltura prende tempo, fino al 2021 in Toscana. Ancora per qualche anno si potranno uccidere i microrganismi del suolo che ne permettono la fertilità e di conseguenza concorrere a uccidere quelli del nostro microbiota. Una desertificazione premeditata dall’ignoranza di chi considera la Terra qualcosa di meccanico da lavorare e sfruttare all’infinito. Invece non abbiamo neppure troppo tempo. Pensate che per fare un centimetro di suolo fertile ci vogliono 1.000 anni e noi non la smettiamo di diserbarlo, dissodarlo, fertilizzarlo in modo intensivo nella cecità che ci conduce ad avere una terra con una forte erosione e una perdita enorme di fertilità.
Ognuno di noi però può fare qualcosa senza demandare alle autorità o agli addetti al settore la responsabilità di rigenerare questo pianeta. Vogliamo provarci?
Consideriamo prima di tutto il terreno come un organismo vivente con i propri ritmi vitali che si manifestano con un’espansione – al mattino e in estate – verso il cielo con l’apertura dei fiori e la diffusione di aromi per poi – la sera e in inverno – concentrare la linfa verso il terreno, le radici. In questo “respiro annuale” attraverso le stagioni la terra incontra noi, che possiamo ottimizzare le sue forze vitali con cure e nutrimento e non con violenze e sfruttamento.
Possiamo mantenere efficienti i processi biologici e nutrizionali del suolo con utilizzo di compost (selezionato o da lombricoltura), preparati biodinamici, biostimolanti e microrganismi effettivi. Possiamo recuperare la rotazione ciclica delle colture, come antiche e tradizionali sapienze contadine insegnano, possiamo offrire al suolo un’abbondante pacciamatura capace di proteggerlo, ammendandolo nel suo lento disgregarsi e soprattutto custodendo il patrimonio di migliaia di microrganismi che generano fertilità e quindi humus.
E poi favorire la diversità biologica e botanica nei nostri orti e giardini cercando di replicare quel che natura crea. Ponendoci con umiltà a osservare le erbe spontanee, bioindicatrici del suolo che abbiamo sotto ai piedi e di come possiamo coltivarlo, riusciremo perfino a impiegare meno sforzi, energie, risorse…pur nella produzione di ortaggi e frutti per il nostro fabbisogno.
Anche in giardino la scelta delle specie botaniche e la loro messa a dimora non può basarsi soltanto sul gusto estetico perché quelle piante durante la loro vita possono contribuire, oltre che alla bellezza, al controllo idrogeologico del suolo, alla sua fertilità, al microclima in un nuovo sistema ecologico vivente. La terra brulica di vita e seguire il flusso biologico con cui si manifesta è già un primo virtuoso approccio al giardinaggio planetario!
Prendiamoci cura noi della terra, per le piante e i semi che ospiterà e il nutrimento che ancora dispensa. L’agricoltura industriale, per come è stata concepita negli ultimi decenni, è fallita. Oltre a contribuire per il 24% alle emissioni inquinanti in ambiente è responsabile della perdita di biodiversità e dell’impoverimento del suolo. E’ ormai lontano il modello dell’orto e del giardino monastico, è da abbandonare il modello agricolo industriale di oggi, non ci resta che essere noi i protagonisti di un modello nuovo di agricoltura solidale, semplice, resiliente.
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