Da Massimo Ducci e Graziano Maggi del Gruppo archeologico casentinese una ricerca su cippi e antichi confini del territorio granducale nel Parco del Casentino.
Redazione
23 gennaio 2023
PRATOVECCHIO (Ar) – Il confine, si sa, è una linea che delimita un territorio, sia esso tra due privati, due enti o due Stati. Durante il corso dei secoli il limite tra territori veniva di sovente segnalato con cippi terminali, normalmente realizzati con pietre e pali. In età romana i cippi furono rivestiti persino di valore sacrale ma fu a partire dal XV secolo che cominciarono a diffondersi come segni di confine tra Stati.
Per le anticime dei monti e in contesti morfologici e viari specifici, i termini hanno svolto la funzione anche di pietre miliari e sono stati utilizzati per scandire le distanze quando il confine attraversava una strada internazionale importante. È curioso sapere come sotto i termini di pietra, nei tempi antichi, fosse in uso porre dei carboni, della cenere o delle ossa come segni di riconoscimento in caso di rimozioni illecite.
Gli antichi cippi, oggi ancora visibili, soffrono dell’ingiuria degli anni e molti vengono trafugati o dimenticati. Sull’argomento si concentra l’ultima fatica editoriale del Gruppo archeologico casentinese e di Massimo Ducci e Graziano Maggi, autori di un volumetto che rappresenta una ricerca storica degna di nota per la passione e la competenza spese nella sua stesura, nella ricerca d’archivio e nello studio delle mappe storiche.
Attraverso un’accurata ricerca sui cippi (termini) vengono ricostruiti e descritti i mutevoli assetti proprietari delle foreste dell’attuale Parco nazionale, esplorando gli antichi confini del territorio granducale e dei possedimenti camaldolesi, oggi parte integrante del Parco. Il testo è arricchito da tante foto, documenti e carte topografiche d’archivio. La pubblicazione è acquistabile presso l’ufficio turistico del Parco di Pratovecchio e online presso l’Emporio dei Parchi al costo di 12 euro.
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