Cinque ore di intervento non sono bastate a salvarla. TarAmare: “Hanno vinto l’ignoranza e la mancanza di rispetto per il mare e le sue creature”.
Redazione
TALAMONE (Gr) – Non ha avuto scampo la tartaruga marina trovata il 13 agosto al largo di Talamone, sfinita e alla deriva: l’enorme lenza che le usciva dalla bocca ha attraversato tutto il corpo lacerando l’apparato gastrointestinale. E alla fine, si apprende dall’associazione tartAmare, la morte ha avuto la meglio.
In tanti si sono prodigati in un disperato tentativo di salvataggio: dai due ragazzi che sulla loro imbarcazione l’hanno avvistata e vegliata fino all’arrivo dello staff di tartAmare con la Capitaneria di Porto, alla Capitaneria stessa che ha impiegato uomini e mezzi per dare aiuto, a Paolo e Simone, due pescatori che non hanno esitato a perdere alcune ore del loro lavoro per offrire supporto tecnico. È stato tutto inutile.
I veterinari dell’Ospedale delle Tartarughe di Marina di Grosseto, gestito dall’associazione, osservando l’esame radiografico hanno subito scosso la testa: c’era un amo molto grande, probabilmente nell’intestino. Nonostante questo ci hanno provato. L’intervento, delicato e difficile, è durato più di 5 ore. Il dottor Andrea Guidoni e il dottor Gabriele Tenti fino all’ultimo non si sono arresi, così come ha fatto la tartaruga. Ma l’amo aveva perforato e alla fine non c’è stato nulla da fare.
“Alla fine LA MORTE l’ha avuta vinta – scrive su Facebook lo staff di tartAmare – Alla fine l’ignoranza, la mancanza di consapevolezza, l’assenza di qualunque rispetto nei confronti del mare e di chi ci vive l’hanno avuta vinta. Un lungo strazio che probabilmente come al solito trae la sua origine dal fatto che la maggior parte delle persone non conosce metodi alternativi per stare al mondo se non quello di danneggiarlo.
Ma, come alle tartarughe, anche a noi non manca il coraggio di combattere le battaglie, siano esse anche battaglie perse, e quindi ci rimbocchiamo le maniche ancora una volta e ripartiamo. Direzione, sempre la stessa: educare”.
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