Siamo stanchi di sentirci dire che si sta lavorando per la sostenibilità quando quello che vediamo è il mantenimento del sistema di sempre. Presidio martedì 29 ottobre alla Coop di Novoli.
di Fridays For Future Firenze
La scorsa settimana abbiamo dato inizio alla nostra mobilitazione permanente. Ci siamo concentrati sul tema delle grandi opere inutili, denunciando quella che secondo noi è una delle cause principali della devastazione ecologica e dello sfruttamento dell’ambiente. Abbiamo bloccato le scuole e ci siamo fatti sentire davanti all’aeroporto di Peretola insieme ai comitati No aeroporto e No Inceneritore.
Questa settimana non ci fermeremo. Dedicheremo la nostra mobilitazione alla denuncia dei danni e dei crimini ecologici della grande distribuzione alimentare e del connesso fenomeno del ‘greenwashing’.
La produzione di cibo negli ultimi quarant’anni ha preso le sembianze di un immenso meccanismo perverso, per il quale la maggior parte degli alimenti che si trovano sul mercato sono prodotti lontano dal luogo in cui vengono acquistati, a spese dell’ambiente e delle persone.
Le multinazionali dell’industria alimentare (tre le più grandi: Nestle, Pepsico, Cocacola, Danone, Unilever e tutte le loro ramificazioni) sono tra le prime responsabili del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità in tutte le regioni del mondo. Basti pensare che dieci mega-aziende controllano il 70% della distribuzione alimentare e di bibite e bevande del pianeta.
Le monocolture, le mega industrie di lavorazione alimentare, gli allevamenti intensivi, gli imballaggi e i trasporti necessari perché il cibo arrivi in tutti i supermercati, sono solo alcuni degli aspetti più devastanti del mercato alimentare. Se consideriamo poi le responsabilità di questo sistema anche per quanto riguarda il mondo del lavoro, la situazione si fa ancora più grave. Spesso i bassi costi del cibo prodotto su scala industriale nascondono lo sfruttamento di chi lavora nel settore e la devastazione degli ecosistemi (che non viene messa in conto nel calcolo dei costi).
Per chi vive in città è sempre più difficile trovare alternative ai supermercati per avere accesso a cibo locale, naturale e genuino (se non a prezzi proibitivi). Anche nelle campagne, si riducono sempre di più le piccole produzioni contadine per lasciare spazio all’agricoltura su larga scala e alle monocolture.
Nel frattempo, molti grandi marchi e catene di supermercati stanno cavalcando l’onda della finta sostenibilità facendosi promotrici, a parole, della transizione ecologica mentre nei fatti continuano ad alimentare un modello di produzione insostenibile per l’ambiente. Fenomeni come questo rientrano tra le tante operazioni di cosiddetto greenwashing, termine utilizzato per indicare i comportamenti di aziende e/o governi che si dotano di una facciata ‘green’, senza che ciò corrisponda a un reale cambiamento nelle loro attività. Un ecologismo di facciata insomma.
Sono molti i supermercati che hanno iniziato a promuovere delle presunte campagne di sensibilizzazione alla sostenibilità ambientale. Persino i discount hanno ora delle linee di prodotti a marchio biologico. Ma se ci soffermiamo e guardiamo oltre i bollini ‘bio’ e gli opuscoli sulla sostenibilità, i supermercati continuano a essere lo strumento tramite cui la grande catena di distribuzione e produzione alimentare si mantiene in vita.
Un esempio italianissimo di questo atteggiamento è quello di Coop, che sostiene di rispettare l’ambiente e i lavoratori, di controllare la filiera di produzione, di ridurre l’uso di imballaggi inquinanti ma che poi, non solo consente la vendita di prodotti dei grandi marchi che notoriamente producono inquinando e sfruttando, ma vende tutto utilizzando i normali imballaggi di plastica, come qualsiasi altro supermercato.
Siamo stanchi di sentirci dire che si sta lavorando per la sostenibilità quando tutto quello che vediamo è il mantenimento dello stesso sistema di sempre: con cibo che percorre chilometri prima di arrivare sui nostri scaffali, con quantità immense di plastica e materiali non riciclabili, di cibo che viene buttato ogni giorno, oltre che della continua cementificazione legata alla costruzione di sempre nuovi e più grandi supermercati.
La nostra critica vuole però andare oltre la denuncia della grande distribuzione alimentare, dei supermercati e delle loro vuote operazioni di greenwashing. Vogliamo che si inizi a dare priorità a sistemi di economia circolare, di produzione di cibo naturale e il più locale possibile, che metta al centro la tutela della natura e della salute delle persone.
Il cibo risponde a uno dei nostri bisogni primari. Se il modo in cui viene prodotto non tiene conto delle conseguenze sull’ambiente, vista la dimensione della produzione di cui stiamo parlando, è evidente che i danni per il clima, per noi e per il pianeta, saranno direttamente proporzionali.
Ci vediamo martedì 29 per il presidio sotto la Coop di Novoli. Facciamoci sentire.
#SystemChangeNotClimateChange #SmascheriamoilGreenwashing
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