Giardini planetari - di Dario Boldrini

Si salvaguardi chi può

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Con il pretesto della difesa degli argini vengono annientati ecosistemi preziosi.

 

di Dario Boldrini

Sotto lo sguardo di ognuno di noi operano ormai incessantemente i consorzi di bonifica per rapide e costose opere di salvaguardia degli argini dei torrenti, controllo e regimazione delle acque di fiume in aree a vincolo idrogeologico ecc.. Risorse provenienti dalle tasse che ognuno di noi è tenuto a pagare vengono talvolta destinate a sfalci e abbattimenti incontrollati lungo i corsi d’acqua, movimenti terra, costruzione di casse di espansione o argini artificiali. Nel giro di pochi giorni assistiamo a drastiche ripuliture di molte specie botaniche, abbattimenti di esemplari di pioppi, salici o ontani di decine e decine di anni.

Giustificando l’intervento come necessario e urgente per la salvaguardia del territorio, per evitare rischi idrogeologici, si arriva non solo ad annientare ecosistemi preziosi rappresentati da vegetazione ripariale autoctona ma, ampliando il letto del corso d’acqua e togliendo troppa vegetazione dagli argini, contribuiamo alla spinta del torrente e non alla regimazione. La discesa più fluida e veloce causerà un aumento erosivo ai lati e smottamenti durante le piene che si potranno evitare soltanto costruendo argini artificiali e/o briglie laterali. Un paesaggio, quello delle zone ripariali, che riveste un importante significato nell’ecologia ambientale per la sua biodiversità che contribuisce a mantenere in equilibrio gli ecosistemi acquatici.

La vegetazione ripariale non è, e non può esser considerata, un ostacolo, piuttosto svolge numerose funzioni di mantenimento dell’integrità ecologica fluviale, compreso il rallentamento dei deflussi e la riduzione dei pericoli idraulici connessi. Lo stesso Piano di Bacino per la riduzione del rischio idraulico prescrive che la vegetazione debba essere eliminata soltanto su rara e dimostrata necessità e soltanto sulle piante che rischiano l’eradicazione durante le piene del torrente.

L’attuale e costante distruzione incondizionata della vegetazione sugli argini dei corsi d’acqua ha portato ad avere oggi torrenti privi di arbusti, alberi e canneti ai lati, una distruzione dell’habitat e un danno al paesaggio e alla biodiversità che durerà per molti anni, proprio per la fragilità di questi equilibri in ambienti umidi. Abbiamo bisogno di alberi che trattengono il suolo con le proprie radici come gli ontani, pioppi e salici sani che permettono il mantenimento dell’ombra e della fertilità, o ancora cespugli di sambuco e vitalba, aree di artemisia, equiseto, consolida, ortica, plantago …

Inoltre, ad alcuni scempi distruttivi mascherati dal titolo di salvaguardia si aggiunge il danno alla fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto i lavori spesso vengono effettuati nei mesi primaverili in cui molte specie nidificano, sacrificando così intere generazioni di uccelli (Gallinella d’acqua, Usignolo di fiume, Cannaiola, Aironi, Germani).

La crescente sensibilità di molti cittadini fa ben sperare verso una maggiore attenzione nelle opere proposte, tanto più che sono realizzate con soldi pubblici. Lungo questi corridoi ecologici che sono i torrenti, i ruscelli, i borri del nostro territorio è necessario applicare la salvaguardia non con le ruspe e il cemento ma prima di tutto con il rispetto per la vita vegetale e animale nella sua interezza.

 

Dario Boldrini è nato e vive a Montespertoli (Fi). Dopo 12 anni di lavoro in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze (ha progettato alcuni dei primi orti urbani) ha scelto di vivere nel podere di famiglia San Ripoli dove, insieme alla compagna Elisa, ha fondato l’associazione Seminaria. Un progetto che spazia dalla creazione di orti e giardini ai laboratori di orticoltura per bambini e adulti, dalle spirali di erbe aromatiche ai seminari di orti creativi.
Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per il programma GEO di RAI 3 in giro per l’Italia. Il suo progetto della Terza Piazza a Firenze (Coop di piazza Leopodo) è diventato un modello di aggregazione sociale.
“Giardiniere planetario” è una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo e paesaggista francese.
www.darioboldrini.net