Impatto (quasi) zero - di Laura Lop

Sfusiamoci!

sfuso

Quando si parla di supermercati senza imballaggi si riscontra un grande interesse ma in realtà quanti di noi frequentano negozi di prodotti sfusi?

 

di Laura Lop

Questa settimana ho ricevuto una mail non bella, la titolare di un negozio che ci avvisava della chiusura del suo punto vendita. La notizia di battenti che chiudono dispiace a prescindere, ma per questa attività mi sono dispiaciuta più che mai perché si trattava di un negozio di prodotti sfusi.
Tre anni per cercare di proporre ai consumatori un nuovo modo di fare la spesa, di tornare al buon senso di portarsi sacchetti e contenitori da casa, di comprare solo quanto basta evitando gli sprechi, di scoprire prodotti spacchettati e solidi.

Quando mi capita di condividere dei post sui social che parlano di supermercati senza imballaggi o di vuoto a rendere riscontro un grandissimo interesse, vedo condivisioni e, per quel che vale come unità di misura, arrivano tanti ‘like’. Ma in realtà, quanti di noi frequentano negozi di cibo, cosmesi, detersivi sfusi e alla spina ?

Aprire un negozio di questo tipo significa doversi avventurare nella selva oscura di normative non chiare, di pareri contrastanti, dei tipici ostacoli di chi va contro corrente. Ma soprattutto si cozza con il terrore più o meno cosciente della gente che si preoccupa per l’igiene, la freschezza e la tracciabilità, essendo oramai abituati ad acquistare merce esposta ben sigillata.

Per lavoro e per passione, ogni giorno seguo il dibattito sugli imballaggi: “la soluzione è la non-produzione di rifiuto”. Teoricamente non fa una piega. Poi però bisogna tornare alla nostra realtà con sguardo oggettivo e concreto, all’evidenza del negozio di sfuso che chiude, al nostro livello culturale e a tutte le imposizioni per legge.
Ho seguito l’apertura di un nuovo negozio, cercando di consigliare le migliori soluzioni ecologiche, eppure sulla vendita di acqua sfusa ci siamo dovuti arrendere.

L’Italia ha recentemente dimostrato in occasione delle elezioni europee la sua scarsa sensibilità in materia ambientale, per non parlare del grande vuoto se guardiamo i nostri principali partiti.
Dal 2021 avremo le nuove direttive già approvate dalla Comunità Europea per il commercio della plastica monouso, bottiglie di plastica e responsabilità estesa del produttore. Nonostante le aziende si stiano già muovendo per riconvertire il proprio commercio, il parere degli esperti descrive uno scenario piuttosto indefinito per quanto riguarda le alternative alla plastica convenzionale e i materiali ammessi, che tutti concordiamo di dover abolire con estrema urgenza.

Ogni produzione però è in qualche modo impattante e il focus da mantenere dovrebbe sempre essere un compromesso tra quanto di meno inquinante e la concreta fattibilità, dissociandosi dai “puristi” che ostentano soluzioni giuste ma poi di fatto non praticabili al momento.
Apro Facebook e appunto leggo del lancio di una petizione indirizzata al ministro Costa e a vari supermercati della grande distribuzione per chiedere l’apertura di sezioni dedicate allo sfuso.
Per un reale #plasticfree sarebbe ideale, firmo ma rimango consapevole che abbiamo bisogno di un periodo di transizione per traghettarci dalla banana incellofanata ai barattoli di vetro tenuti in borsa.

 

Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.







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