Piovono critiche su una misura necessaria a ridurre le emissioni. Invece tendiamo a rimuovere problemi ambientali che prima o poi ci presenteranno il conto.
di Sandro Angiolini
17 marzo 2024
Oggi provo un esperimento che negli ultimi anni risulta sempre più difficile: collegare tra loro notizie (e problemi ambientali sottostanti) apparentemente lontanissime. Prendiamo il caso della direttiva sulle “Case Green” approvata pochi giorni fa in via definitiva dal Parlamento Europeo.
La gran parte dei politici nostrani, assieme a molti media, si sono soffermati sul pericolo che questa scelta (secondo loro) comporterà: spendere di più rispetto alla situazione attuale per sostituire gli impianti di riscaldamento – dal 2040 è previsto lo stop alle caldaie alimentate solo a metano e adeguare le strutture degli edifici dove viviamo – per tagliare le emissioni dannose per il clima.
A parte il fatto che i tempi previsti per questi adeguamenti sono comunque abbastanza lunghi (quasi quanto una nuova generazione di persone) quello che mi sorprende è che quasi nessun commentatore si sofferma su due elementi chiave:
– che questi investimenti consentiranno un risparmio sui costi di gestione delle case;
– che gli stessi daranno lavoro a tante persone e contribuiranno a rendere gli edifici un po’ più sicuri.
Per essere più chiari: quando comprate un’auto guardate solo al prezzo o anche a quanto consuma di carburante e a quanto dura la sua garanzia? Per valutare l’impatto di un’opera pubblica guardate solo al suo costo iniziale o anche ai suoi benefici nel tempo e per le varie categorie di soggetti interessati?
Purtroppo in Italia si sceglie troppo spesso di affrontare le questioni adottando il primo dei criteri che vi ho elencato, rimanendo così alla superficie delle questioni che si hanno di fronte. Questo comporta anche il dimenticarne (o sottovalutare) altre più importanti.
Prendiamo il caso delle bonifiche di siti fortemente inquinati. Sempre di pochi giorni fa è la notizia che il sito di una ex-fabbrica in Lombardia risulta fortemente inquinato da sostanze chimiche e che la bonifica ancora non parte, nonostante la (parziale) disponibilità di fondi e le decisioni amministrative già prese in tal senso. Ma quanti siti del genere esistono in Italia?
Secondo gli ultimi dati disponibili (ISPRA 2021) più di 35.000, di cui circa la metà interessato da procedure di bonifica ancora in corso di avvio. Da notare che la Toscana si colloca al terzo posto nella graduatoria delle regioni con il maggior numero di siti da bonificare e mettere così in stato di sicurezza permanente. Da notare anche che il PNRR ha destinato a questo tipo di attività delle briciole: appena 500 milioni di euro (su un totale di oltre 210 miliardi).
Ecco, credo che il collegamento logico (francamente inquietante) che intendevo realizzare all’inizio della pagina sia chiaro: tendiamo a preoccuparci di più per problemi ambientali minori e a rimuoverne altri che prima o poi ci chiederanno il conto, non solo economico. Stiamo più attenti…
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
Vedi a questo link
Aggiungi un commento