Questo fiore straordinario unisce delicatezza e candore alla capacità di resistere a condizioni estreme. Ma è minacciato dallo sfruttamento smodato delle coste.
di Valentino Valentini
13 settembre 2022
In this age of grand illusion
You walked into my life out of my dreams
I don’t need another change
Still you forced your way into my scheme of things
You say, we’re growing, growing heart and soul
Sweet angel
Born once again for me
(David Bowie, Word on a Wing- in Station to Station Ryko Rec).
Di questi tempi in cui Jovanotti imperversa ancora indisturbato sui litorali della Penisola, passando anche per “ecologista” perché, pensate, “fa la raccolta differenziata e usa bicchieri compostabili”, salvo poi far spianare le dune naturali, al giorno d’oggi, dicevo, in cui molti, troppi, abbagliati dal mito della “crescita” stanno correndo dietro la cosiddetta “transizione ecologica”, che nasconde una corsa vergognosa verso potere, denaro e profitto, si può ancora trovare un “angelo”, forse calato dal cielo, che con la sua sola presenza sui nostri litorali possa cambiare in meglio la nostra vita.
Perché, nonostante tutto, possiede ancora bianco candore e magica purezza il “Giglio di mare” (Pancratium maritimum L.), che in un assolato pomeriggio d’agosto abbiamo avuto la fortuna di rinvenire sulle balze dunali della litoranea tarantina, in località “Monte d’Arena”.
Pensate che molti chiamano questa geofita bulbosa dagli angelici tratti “la pianta che nuota” a causa di una strategia di disseminazione veramente efficace, oltre che rara e originale: i suoi semi, raccolti e poi sospinti dalle mareggiate e dalle correnti marine, hanno la proprietà di galleggiare sulle acque del mare così da approdare su nuovi lidi e fondare nuove colonie, quasi volando sul procelloso mare in …odore di santità!
L’impollinazione dei magnifici fiori ermafroditi, dal profumo soave e paradisiaco, inutile a dirsi è compito dei miei amici insetti (molto assidui gli Imenotteri), i quali danno le loro ali al polline di queste piante superiori, un polline che trasportano costantemente di fiore in fiore, contribuendo potentemente alla loro fecondità.
Ma nel Giglio di mare delicatezza e candore si fondono anche, e mirabilmente, con la capacità di resistere alle condizioni estreme degli habitat costieri, parliamo di sabbie aride e salmastre sotto il sole cocente d’agosto; il nome generico Pancratium deriva infatti dal greco “pan = tutto”, e “krateo = vincere”, “superare”: un organismo vivente forte, resistente oltre che bello, e che supera tutto, proprio come fa un angelo.
Possono ancora godere della bellezza di questa pianta straordinaria i litorali, le spiagge e le dune del Mediterraneo, in Italia quelle occidentali e adriatiche (isole maggiori e minori comprese), escluse quelle più settentrionali del Friuli-Venezia Giulia, ma (e qui vi volevo) ovunque assai minacciata a causa dello sfruttamento spesso incosciente e smodato delle coste a scopi turistici, ludici e balneari (il Jova non è affatto un’eccezione).
Come nelle parole di David Bowie, questo fiore delicato e forte deve entrare nel nostro progetto di vita ecologista, così non avremo più bisogno di un’altra buona “occasione” che questa della sua celestiale presenza: arricchiti nel cuore e nell’anima, promettiamo di farne baluardo affinché questo dono del Cielo possa contribuire alla tutela e conservazione di questi nostri ambienti naturali stupendi, ma fragilissimi.
Caro Pancratium, caro “Angelo delle sabbie” – insieme agli amici di Mare Vivo, ENPA, LAV, Sea Shepherd, Amanti della Natura, LIPU, Italia Nostra, Legambiente e di tutte le altre valorose compagini ecologiste che oggi si battono per la sopravvivenza di questi ecosistemi – di te faremo un simbolo della vita e della biodiversità che si erge vittorioso su chi trama per sostituire lo spirito con la materia, la cultura con l’ignoranza, l’impegno ecologista con l’incoscienza e la sfrenatezza. Noi ti renderemo grazia per quel tuo fiore bianco e delicato, foriero di ogni bellezza, angelo radioso che riscatta le brutture del mondo, quando vorrà sbocciare ancora una volta per noi, per tutti noi.
Persino sulle sabbie roventi, di fronte al grande mare.
Valentino Valentini, tarantino nato a Martina Franca (Ta), è un entomologo divulgazionista con una lunga esperienza di ricerca microfaunistica svolta soprattutto nelle estreme regioni meridionali d’Italia.
Laureato in Giurisprudenza, è stato addetto all’Ufficio legale di un istituto di credito.
Ha istituito in San Severino Lucano (PZ) – Parco Nazionale del Pollino – il Museo Laboratorio della Fauna Minore per una maggiore conoscenza delle piccole faune del Meridione d’Italia. Come scrittore naturalista ha pubblicato diversi saggi, da solo o con altri autori, e collabora con quotidiani e periodici, nazionali e locali, con articoli a carattere scientifico e divulgativo di argomento naturalistico.
Ha fondato nella sua città il “Comitato per il rimboschimento di Taranto” ed è stato cofondatore del “Comitato nazionale per gli Alberi e il Paesaggio”. È stato responsabile della sezione di Taranto del WWF ed è socio della Società Entomologica Italiana, dell’Associazione romana di Entomologia e di Italia Nostra.
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