Il 22 ottobre all’incontro di presentazione del terzo numero della Rivista a Firenze si è discusso dei pericoli dell’agricoltura 4.0 e di agroindustria.
di Marcello Bartoli
23 ottobre 2024
FIRENZE – Nel libro Liberare la terra dalle macchine scritto e curato da Atelier Paysan e pubblicato un anno fa dalla Libreria Editrice Fiorentina di Giannozzo Pucci si decodifica la diversità fra ruralità contadina e quella industrializzata dei campi che “ha impedito lo svilupparsi di una resistenza attiva contro la produzione di alimenti standard”. E’ ancora possibile una transizione ecologica dalla società della tecnologia industriale verso un’economia di autonomie che rende centrale il tema della fertilità, della biodiversità, della presenza comunitaria nei territori? Secondo gli autori l’abisso fra la ruralità contadina e la colonizzazione industriale dei campi è “causa della desertificazione e dell’inquinamento della terra, dell’acqua, del cibo, ma anche della vita e della cultura della società”.
Già nel metodo del ricercatore giapponese Masanobu Fukuoka (1913 – 2008) c’era il tentativo di riprodurre quanto più fedelmente possibile le condizioni che egli stesso definiva naturali: non era prevista l’aratura del terreno e la germinazione sarebbe dovuta avvenire direttamente in superficie. “Il contadino fa parte di una comunità e produce per una comunità che conosce mentre l’agricoltura industriale produce per fare soldi – spiega Pucci – è non con il fine di produrre cibo per la comunità. La vera agricoltura paesana non inquina e chi produce trova i mezzi che gli servono attraverso la comunità”.
Per questa scuola di pensiero la transizione ecologica, sia materiale che culturale, comincia anche con l’aumento dei contadini ecologici. Questa espressione comprende tutte le forme di coltivazione che non dipendono dall’industria e non usano mezzi inquinanti ma operano bonificando la terra: permacoltura, agricoltura biodinamica, biologica, naturale, sinergica e sintropica. La transizione ecologica è impossibile materialmente e culturalmente senza una nuova agricoltura contadina, senza la ricostruzione delle comunità rurali su nuove basi come avamposti di un diverso modo di vivere, di un’economia che abbandoni l’attuale macchina di saccheggio della terra che trasforma i fondamenti ecologici della vita in denaro e rifiuti.
Molti di questi temi sono stati dibattuti al secondo appuntamento del ciclo di incontri Socrate nel tecnomondo, a cura di Edizioni Montaonda, che ha avuto luogo il 22 ottobre presso il Giardino dell’Ardiglione a Firenze per presentare il terzo numero della Rivista Contadina (edizioni Terraliquida Parma) alla presenza di Collettivo Jerome Laronze, Genuino Clandestino e Teatro Libertario Contadino. Si è parlato di agricoltura 4.0, agroindustria e di come liberare la terra dalle macchine.
Si è discusso dell’impatto psichico, estetico e materiale sugli esseri umani delle cosiddette “nuove tecnologie”: “I temi sono quelli che oggi stanno più a cuore a tutti noi e sui quali la propaganda invade ogni spiraglio di pubblica riflessione: devastazione territoriale, sociale e naturale; isolamento e intimidazione dell’individuo; sterilizzazione delle sue dimensioni relazionali; colonizzazione di quanto resta di socialmente vitale”. Per gli organizzatori con il pretesto dell’emergenza climatico-ambientale si assalta la natura e si propagano dinamiche di guerra per espugnare le ultime riserve di selvatico e di biodiversità.
“Le nostre forze in campo sono quelle del boicottaggio e del rifiuto, della dissidenza e della diserzione – hanno concluso – ma anche quelle dell’agroecologia, della condivisione e della solidarietà sociale e individuale. Le nostre armi sono quelle immateriali e supreme della dialettica, la capacità di ragionare e affrontare discussioni private e pubbliche con la volontà di ricercare una teoria intesa come capacità di vedere ciò che accade al di là degli schermi della società dello spettacolo e dell’infodemia dilagante”.
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