L’associazione contro l’ipotesi di riaprire la cava: “Al posto di una splendida sella marmorea a 1650 metri di quota un mostruoso cratere a cielo aperto”.
MASSA E CARRARA – Davanti alla probabile riapertura del cantiere di cava Piastramarina al Passo della Focolaccia l’organizzazione di volontariato Apuane Libere ha deciso di inviare un dossier a tutti gli enti – nazionali e regionali – che hanno il compito di far rispettare le leggi in materia ambientale. In particolare ha chiesto un sopralluogo al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e all’assessore all’Ambiente della Regione Toscana Monia Monni offrendosi, se necessario, di accompagnarli sul posto affinché possano rendersi conto della situazione con i propri occhi.
“Siamo stufi – spiegano dall’associazione – di subire la riapertura di siti estrattivi chiusi da decenni e in parte rinaturalizzati ma, soprattutto, non accetteremo mai che le poche leggi che ancora tutelano i nostri monti vengano sistematicamente derogate dalla peggiore politica clientelare: procurando voragini incolmabili in termini paesaggistici, ecosistemici ed erariali. In questa direzione abbiamo voluto scrivere al ministro Cingolani e all’assessore Monni presentando quel lungo elenco di violazioni al codice dell’ambiente che dal 1959 – anno del primo colpo di martello pneumatico alla Focolaccia – sino ai giorni nostri, sono state autorizzate a compiersi in questa bellissima e storica zona delle Alpi Apuane”.
“A uno dei primissimi posti nel grande disastro ambientale apuano – spiega il presidente di Apuane Libere Gianluca Briccolani – vi è senza ombra di dubbio l’abbassamento di quella sella di origine glaciale posta a 1650 metri di quota al confine tra le province di Lucca e di Massa-Carrara e che prima degli anni Cinquanta era conosciuta con il nome di Passo della Focolaccia. Oggi quella bellissima lente marmorea a due passi dal rifugio più antico delle Alpi Apuane – il Bivacco Aronte – è stata completamente abbassata di novanta metri, lasciando un mostruoso cratere a cielo aperto visibile addirittura anche da alcune zone dell’Emilia Romagna”.
Sembra che proprio sopra questo importante geosito tra le cime del monte Cavallo e della Tambura sia prevista la riapertura di cave dismesse da tempo. “Grazie al nuovo PIT votato dalle passate giunte regionali e avallato dalla attuale Giani – continua Briccolani – solo nei Comuni di Minucciano e Massa stanno riaprendo – o sono in previsione di riapertura – ben 17 siti estrattivi dove si continua a massacrare l’ambiente e a tagliare le gambe alle altre economie da esso sostenibili. Consci che questa tendenza a riaprire vada stroncata sul nascere abbiamo indetto per domenica 26 settembre una pacifica catena umana intorno al bivacco Aronte per opporci, se necessario con i nostri corpi, a questo nuovo folle progetto volto a rimpinzare facilmente le casse comunali e a scongiurare la presenza delle persone: troppo spesso scomode testimoni delle violazioni di legge commesse dalle ditte del settore lapideo”.
Aggiungi un commento