Si cercano tracce di metalli e cromo esavalente. Intanto si estende la caccia ai siti inquinati, verifiche anche all’aeroporto militare di Pisa.
di Gabriella Congedo
ARPAT ha già campionato 14 pozzi privati tra Empoli e Castelfiorentino che potrebbero essere inquinati dal “Keu”, gli scarti tossici delle concerie di Santa Croce sull’Arno. Sono iniziate infatti da qualche giorno le verifiche nei dintorni del famigerato lotto 5 della Strada Regionale 429: le analisi dovranno accertare l’eventuale presenza di metalli e cromo esavalente nella falda. Quest’ultimo è un metallo solubile estremamente pericoloso perchè a contatto dell’acqua si diffonde velocemente.
Al momento ARPAT ha ricevuto circa 50 domande di analisi (800 800 400 il numero verde da chiamare) e nel pomeriggio di giovedì 22 aprile sono iniziati i primi campionamenti.
Qualche giorno fa l’agenzia era stata incaricata dalla Regione Toscana di analizzare gratuitamente, su richiesta dei cittadini, i pozzi privati situati a poche centinaia di metri dalla zona dove si ritiene che siano state interrate sotto l’asfalto 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati. Più precisamente, nel tratto di collegamento fra Ponte di Candido nel Comune di Empoli fino alla rotatoria di incrocio con via Samminiatese in località Belvedere, nel Comune di Castelfiorentino.
La preoccupazione di chi abita da quelle parti è più che comprensibile dopo quanto è emerso dall’operazione “Keu”: un presunto sistema criminale per la gestione illecita dei rifiuti del distretto conciario di Pisa che coinvolgerebbe l’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno, cosche calabresi, alcuni consorzi della filiera ed esponenti politici.
Ma che cos’è questo Keu di cui tutti parlano? Si tratta di un materiale, spiega ARPAT, “derivante dal trattamento termico dei fanghi di depurazione prodotti dal depuratore Aquarno, nel quale vengono convogliati i reflui delle aziende conciarie di Santa Croce; le miscele di Keu, con altri materiali inerti, venivano qualificate come sottoprodotto e commercializzate dalla ditta Lerose come materiale per vari impieghi; a seguito di alcune indagini tecnico-analitiche, tuttavia, il materiale è risultato non possedere le caratteristiche necessarie per essere considerato un sottoprodotto, bensì un rifiuto speciale”. In altre parole un veleno che sarebbe stato interrato qua e là in giro per la Toscana.
A dare origine a tutta l’operazione è stata anche un’indagine del dipartimento pisano di ARPAT che ha messo in luce come questo materiale sia stato utilizzato in diversi cantieri sul territorio toscano, a partire dall’area di urbanizzazione “Green Park” nel comune di Pontedera. Proprio dalle indagini su questo sito ARPAT ha scoperto la vera natura del materiale impiegato come sottofondo per la costruzione di strade; da qui le ispezioni su altri siti che l’hanno condotta all’impianto di recupero inerti della ditta Lerose.
Adesso la caccia ai siti inquinati si allarga oltre la 429 e nei prossimi giorni altri terreni e cantieri saranno sottoposti ai controlli di ARPAT. Eccoli:
terreno della società agricola ‘I Lecci’ (Peccioli); terreno della ditta ‘Cantieri S.r.l.’(Crespina Lorenzana); terreno gestito dalla ditta ‘Ecogest’ (Massarosa); cantiere ‘ex Vacis-Galazzo’ (Pisa); cantiere di manutenzione straordinaria SP 26 Delle Colline-Castelfalfi (Montaione); terreno agricolo adiacente all’impianto Lerose di Bucine; ‘Green Park’ (Pontedera); pista dell’aeroporto militare di Pisa; terreni occupati dagli stabilimenti Lerose di Bucine e Pontedera.
“La Toscana non è la Terra dei Fuochi” ha detto l’assessore regionale all’Ambiente Monia Monni. Vogliamo sperarlo. Sta di fatto che il sistema di gestione illecita dei rifiuti contenenti scarti di conceria che sta saltando fuori dalle indagini è di una vastità e gravità che sarebbe stato difficile immaginare.
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