Si tratta di Elena Tricarico, zoologa del Dipartimento di Biologia: “Problema globale, servono più controlli ma contano anche i comportamenti individuali”.
Redazione
18 novembre 2023
FIRENZE – Granchio blu, cimice asiatica, zanzara tigre. Sono oltre tremila le specie non autoctone che hanno colonizzato l’Italia negli ultimi anni ma il fenomeno è globale. Un’invasione aliena che produce danni elevatissimi a flora e fauna locale, all’economia e può causare anche problemi alla salute delle persone. Dopo la distruzione degli habitat naturali le specie aliene invasive sono diventate la seconda causa di perdita della biodiversità.
A tracciare l’evoluzione mondiale del fenomeno negli ultimi cinquant’anni e a prospettare linee di intervento efficaci per arginare la diffusione di specie dannose ci ha pensato il primo rapporto mondiale IPBES sulle specie aliene invasive.
Unica italiana tra gli autori del documento è Elena Tricarico, zoologa e ricercatrice del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, che sulle specie aliene invasive ci lavora da anni. “Queste specie vengono introdotte volontariamente o accidentalmente dall’uomo – spiega la scienziata – e una volta insediatesi nella nuova area possono creare problemi sia all’ecosistema sia alla salute e all’economia”.
La loro diffusione crescente è legata alla globalizzazione: viaggiano insieme alle merci e ai vettori che le trasportano. La situazione è preoccupante, a livello globale si parla di oltre 37 mila specie con danni economici stimati in 423 miliardi di dollari all’anno.
Quanto alla situazione in Italia “Il clima mediterraneo favorisce molto la stabilizzazione di queste specie invasive – prosegue Elena Tricarico – In Italia ne abbiamo circa 3.300 con tendenza a una concentrazione maggiore al Nord dove c’è maggiore densità di popolazione e di attività economiche”.
Ma siccome è un problema globale non si può lavorare solo per singoli Stati. “Le specie si muovono indipendentemente dai confini statali o regionali. È necessario rafforzare la prevenzione, per esempio con maggiori controlli nei porti e aeroporti d’entrata e comunicare velocemente, anche tra Stati confinanti, per aiutarsi nel rilevare una nuova specie quando sta arrivando”.
Oltre alle strategie contano anche i comportamenti consapevoli di ciascuno di noi: “Ovviamente non rilasciare specie non autoctone in natura ma anche, banalmente, disinfettare l’attrezzatura o gli stivali quando ci si sposta da un corso d’acqua a un altro perché inavvertitamente possiamo portare con noi spore o frammenti di piante e contribuire anche alla diffusione di malattie. Anche con questi comportamenti responsabili possiamo fare molto per mitigare il problema”.
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