Si chiama Erebia pandrose ed è al centro di uno studio coordinato dall’Università di Firenze grazie ai dati raccolti con la collaborazione dei cittadini.
Redazione
Vive isolata da tutte le altre specie e non veniva segnalata da oltre quarant’anni. La Erebia pandrose è una farfalla rara, di cui esiste una sola popolazione della sottospecie endemica che vive sugli Appennini. Di questo lepidottero un team internazionale di ricercatori coordinato dall’Università di Firenze ha studiato il DNA mitocondriale e ha potuto valutare anche i rischi per la perdita di biodiversità del territorio.
La farfalla è stata rintracciata, dopo circa 40 anni dall’ultima segnalazione, grazie al contributo di cittadini appassionati durante la Butterfly Week del 2019, l’iniziativa che coinvolge ricercatori e appassionati nelle azioni di ricerca e di conservazione delle farfalle.
Il ritrovamento ha dato al team la possibilità di analizzare il DNA mitocondriale dell’insetto tracciandone mutazioni, storia e prospettive di sopravvivenza.
“I cambiamenti climatici sono la causa dello spostamento nella distribuzione territoriale di molte specie, in genere verso luoghi con temperature più basse – racconta Leonardo Dapporto, ricercatore di Zoologia dell’Ateneo fiorentino e coordinatore dello studio -. Le popolazioni montane sono le più vulnerabili alla minaccia del surriscaldamento perché c’è un limite allo spostamento altitudinale corrispondente alle cime più alte. Gli Appennini offrono dei casi di studio importanti perché ospitano molte popolazioni di farfalle, isolate fra loro e dotate quindi di un’alta specificità genetica, caratteristica che le rende vulnerabili ai cambiamenti climatici. È questo il caso di Erebia pandrose, che fu registrata per l’ultima volta nel 1977 sulla sommità di un unico massiccio nei Monti della Laga”.
Altamente isolata dalle altre specie, a oltre 400 km da qualsiasi altra popolazione conosciuta, questa specie di farfalla era già allora a forte rischio di estinzione. “La popolazione che abbiamo ritrovato rappresenta una linea genetica unica e molto divergente – spiega il ricercatore – in linea con la descrizione della sottospecie endemica appenninica sevoensis e soffre di un altissimo rischio di estinzione. Infatti, nelle Alpi e negli Appennini, questa specie si è spostata in altitudine più di 3 metri all’anno dalla fine del XIX secolo e fino a 22 all’anno dal 1995”.
I modelli di distribuzione suggeriscono che queste popolazioni montane subiranno una perdita generalizzata di idoneità climatica che, secondo le proiezioni dei ricercatori, potrebbe portare all’estinzione della popolazione appenninica in pochi decenni.
“L’Erebia pandrose è per noi una specie bandiera – conclude Dapporto – e ci segnala il rischio di perdere le popolazioni della fauna montana, che custodiscono porzioni uniche di biodiversità, e l’urgenza di azioni che ci permettano di proteggerla”.
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