Le sigle ambientaliste: “Per favorire il mondo venatorio si rischiano multe salatissime che pagheranno i cittadini di tasca propria”.
di Gabriella Congedo
23 novembre 2024
Caccia, rischia di costare molto caro ai cittadini italiani il mancato rispetto da parte del Governo della Direttiva Uccelli e del divieto di usare munizioni al piombo nelle zone umide. Le associazioni Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Leidaa, Lipu, Lndc, Oipa, Pro Natura e Wwf Italia lanciano l’allarme sull’apertura della seconda fase della procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea con l’invio all’Italia di un parere motivato – ovvero l’anticamera di una condanna definitiva.
“Questa nuova iniziativa di Bruxelles – commentano le associazioni in una nota congiunta – rende sempre più concreto il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per la violazione delle norme europee sulla caccia e sull’uso di sostanze dannose per la salute umana e degli animali”.
L’Italia dunque è finita sotto esame della giustizia europea per la possibilità di praticare la caccia in periodi dell’anno in cui non è consentita e persino nelle zone protette, in violazione della Direttiva Uccelli. Viene contestato anche il mancato rispetto del Regolamento Europeo 2021_57 che vieta l’uso del piombo all’interno delle zone umide. Come si sa ormai da tempo, ogni anno l’avvelenamento da piombo uccide milioni di uccelli acquatici: bastano 2-3 pallini per un uccello di taglia media.
Il regolamento, che non vieta affatto la caccia nelle zone umide ma impone solamente di sostituire le munizioni al piombo con munizioni di altro materiale, nel nostro Paese è stato subito osteggiato dal mondo venatorio – ancora potentissimo nonostante il drastico calo dei cacciatori – e dall’industria delle munizioni. In seguito a queste pressioni il Governo italiano ha emesso una circolare interministeriale (Agricoltura e Ambiente) che ha dato del nuovo regolamento europeo un’interpretazione restrittiva che esclude dal campo di applicazione moltissime aree umide limitandone l’applicazione alle zone in cui il divieto è già vigente.
Ambientalisti e animalisti hanno protestato a più riprese contro quest’andazzo, andando anche per vie legali, ma le pressioni dell’altro fronte finora si sono dimostrate più forti. Speriamo che il richiamo al portafoglio abbia maggior fortuna. «Nei mesi passati ci siamo più volte appellati a Governo e maggioranza per chiedere il ritorno alla legalità, evitando così il rischio di multe salatissime e ripristinando quei criteri minimi di tutela della fauna selvatica sempre più in declino – proseguono le associazioni – Tuttavia il Governo ha preferito inseguire la strada del consenso venatorio sacrificando gli interessi della collettività per compiacere una ristretta categoria che depreda il prezioso patrimonio collettivo della fauna selvatica, con impiego di sostanze tossiche e modalità sempre più difformi non solo dalla cultura diffusa ma dalle normative nazionali e comunitarie».
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