L’OMS stima che il 26% della malattie e il 23% delle morti possa essere attribuito ai fattori ambientali.
di Roberto Romizi – Presidente ISDE Italia, www.isde.it
Nel corso dell’ultimo secolo, e soprattutto negli ultimi decenni, l’uomo ha prodotto e immesso nella biosfera una quantità immensa di molecole artificiali, trasformato interi ecosistemi biologici e virali, ampliato la gamma delle fonti e forme di energia radiante. Parlare di ambiente e salute significa in primis cercare di valutare quali potrebbero essere gli effetti bio-molecolari di questa trasformazione drammatica e complessa, che da alcuni decenni mette sotto pressione l’intera biosfera e in particolare l’assetto genetico ed epigenetico degli organismi superiori. Sarebbe importante riconoscere che per valutare correttamente l’impatto biologico, e quindi sanitario, dell’attuale modello di sviluppo non si può prescindere da una riflessione più complessiva sul rapporto, in via di vertiginosa trasformazione, tra uomo e ambiente.
La stessa Rivoluzione Epidemica del XX Secolo, consistente in una drammatica riduzione delle patologie acute da cause esogene e in un altrettanto significativo incremento delle patologie cronico-degenerative su base endogena appare sempre più chiaramente correlata alla repentina alterazione dell’ambiente prodotta dall’uomo e alle conseguenti trasformazioni (epi)genetiche che avvengono nelle prime fasi dello sviluppo del feto e del bambino. In questo contesto si colloca e comprende meglio l’allarme, concernente le alterazioni dello sviluppo neurologico infantile secondarie alla diffusione in ambiente di metalli pesanti, distruttori endocrini e altre molecole mimetiche, lanciato ormai da decenni dai ricercatori di tutto il mondo e recentemente ripreso da ricercatori della Harvard School of Public Health e da The Lancet con la definizione, allarmata e allarmante, di PANDEMIA SILENZIOSA.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, stima che il 26% della malattie e il 23% delle morti possa essere attribuito ai fattori ambientali. Più di un terzo delle patologie nei bambini è dovuto a fattori ambientali modificabili.
In genere ci si limita a prendere in considerazione alcune patologie respiratorie o al limite cutanee o gastroenteriche, connesse a una diretta esposizione a specifici fattori ambientali.
Se invece, sulla base di una letteratura scientifica sempre più ricca e convincente, si accetta il quadro di riferimento su accennato, appare evidente come l’occidentalizzazione (e la rapida trasformazione ambientale che ne è conseguenza) sia all’origine di buona parte delle patologie cronico-degenerative in aumento il tutto il mondo: patologie cardiovascolari (essenzialmente legate al fatto che l’inquinamento atmosferico determina una flogosi degli endoteli e apre le porte all’aterosclerosi); patologie neuro-degenerative (in particolare l’Alzheimer, che ha avuto un incremento esponenziale negli ultimi anni: anche in questo caso è documentato un effetto dei metalli pesanti quali catalizzatori della deposizione di beta-amiloide a livello cerebrale); malattie immuno-mediate (allergie, malattie autoimmuni: da un lato collegate a precise alterazioni ambientali/antigeniche, dall’altra a una imperfetta modulazione del sistema immunocompetente); malattie endocrino-metaboliche (la stessa epidemia di obesità, sindrome metabolica, diabete II essendo collegata ad alterazioni epigenetiche-programmatiche a carico di organi e tessuti endocrino-metabolici), neoplasie.
Proprio in ambito oncologico le notizie sono particolarmente allarmanti, specie per quanto concerne l’incremento dei tumori dell’infanzia, che è particolarmente significativo nei primi due anni di vita (con buona pace di quanti si ostinano a considerare i tumori malattie genetiche essenzialmente dovute a un accumulo di “mutazioni casuali”).
I medici possono dare un notevole contributo ai processi ambiente-salute correlati, in quanto la loro professionalità implica molteplici ruoli. Il medico è un informatore e un educatore, può essere un esempio di comportamento. È un ricercatore e un divulgatore in ambito scientifico. Può inoltre farsi promotore di iniziative volte a stimolare i politici e le istituzioni.
L’impegno della professione medica per la tutela dell’ambiente è stato riaffermato in Italia nel nuovo Codice Deontologico della Federazione degli Ordini dei Medici e Chirurghi con l’inserimento di un apposito articolo.
Nel 1989 è nata, quindi, l‘Associazione Italiana Medici per l’Ambiente – ISDE Italia con l’intenzione di stimolare l’impegno dei medici in tal senso: valorizzando il ruolo di interfaccia che il medico può svolgere tra comunità scientifica, amministratori e cittadinanza, per una corretta diffusione delle conoscenze relative ai problemi della salute legati all’ambiente.
I medici sono una categoria di opinion leaders che si sta sempre più rendendo conto della necessità di impegnarsi, non solo nel campo diagnostico-terapeutico, ma anche in quello della prevenzione e della identificazione e comunicazione dei fattori di rischio. Anche in questo senso mi pare si possa affermare che negli ultimi anni il ruolo di ISDE nel campo della formazione e dell’informazione sul territorio è cresciuta.
L’Associazione Medici per l’Ambiente si è costituita, infatti, con l’obiettivo prioritario di identificare e promuovere nuove strategie per l’integrazione delle politiche di salute con quelle di sostenibilità ambientale nell’ottica di salvaguardare la salute e l’ambiente che ci circonda.
Grazie di cuore per questa opportunità di una informazione indipendente su temi così importanti per la salute pubblica