Legambiente Arcipelago: “Da non crederci. È il territorio toscano dove i cinghiali negli ultimi decenni hanno prodotto più danni alla biodiversità e all’agricoltura. Ora si cambi rotta”.
ISOLA D’ELBA (LI) – Roba da non credere. È l’amaro commento di Legambiente Arcipelago Toscano su una recente sortita della Regione Toscana riguardante l’annosa questione dei cinghiali. Questi in sintesi i fatti: l’ente ha avviato la verifica di assoggettabilità alla Valutazione ambientale strategica (VAS) della “Revisione aree vocate alla specie cinghiale. Stralcio anticipatorio al Piano Faunistico Venatorio Regionale”. E qui viene il bello. Dalla cartografia allegata risulta che l’Isola d’Elba, nelle aree esterne al Parco Nazionale, sarebbe vocata per il cinghiale. Una doccia fredda per gli ambientalisti dell’isola, che da tempo hanno lanciato l’allarme sui gravissimi danni prodotti dai cinghiali alla biodiversità e all’agricoltura. “Dunque all’Elba – dicono dall’associazione – i cinghiali importati negli anni ’60 e ’70 dai cacciatori ci dovrebbero proprio stare: è vocata! Si tratta di un chiaro cedimento alla sempre più piccola lobby dei cacciatori e a quella nuova dei salsicciai e ci chiediamo cosa ne pensino il Direttivo del Parco Nazionale, Coldiretti, gli agricoltori elbani, le forze politiche e i moltissimi cittadini esposti a continui disagi e danni e anche quei sindaci (pochi) che da anni dicono – dati e danni alla mano – che l’Elba non è per niente vocata per i cinghiali”.
E allo scopo di chiedere un cambiamento di rotta Legambiente Arcipelago Toscano ha scritto una lettera a Regione, Parco Nazionale, Comuni, Ministero dell’Ambiente.
“È preoccupante che, a differenza della normativa precedente – vi si legge – la legge Regionale 10 del 9 febbraio 2016 – “Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana”, che indicava giustamente l’Isola d’Elba come non vocata per il cinghiale (e che se applicata nei suoi indici di densità avrebbe portato la popolazione di cinghiale introdotta all’Elba a poche centinaia di capi), la Regione Toscana indichi le aree dell’Isola d’Elba esterne al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano come VOCATE per il cinghiale, ignorando completamente i drammatici impatti ambientali che una specie aliena e fortemente ibridata, introdotta all’Elba negli anni ’60 e ’70 a scopi venatori, ha provocato sulla fauna e sulla flora uniche dell’Elba e sulla sua agricoltura e viticoltura e i disagi e i pericoli, anche per la circolazione stradale, che i cinghiali provocano a cittadini residenti e turisti”. Ed è per porre argine a una situazione fuori controllo che “il Direttivo del Parco Nazionale e alcuni Comuni hanno chiesto l’eradicazione della sottospecie introdotta Sus scrofa Attila di origine centroeuropea, ulteriormente ibridata – come dimostrano le analisi scientifiche – da maiali domestici e da altre sottospecie europee. Si ricorda che l’ultimo esemplare di cinghiale maremmano si è estinto all’Isola d’Elba nel 1802 e che l’attuale abnorme popolazione di cinghiali è frutto di immissioni autorizzate e non autorizzate e di una fallimentare gestione venatoria della specie che ha portato a una sua incontrollata proliferazione”.
Una situazione, quella dell’Elba, che secondo Legambiente è esemplare di come una politica venatoria scriteriata possa portare a un disastro ecologico in un territorio fragile come un’isola. Se questa proposta dovesse passare, con le aree esterne al Parco definite “vocate”, e cioè zone dove il cinghiale “deve” stare, sarebbe consentita solo una gestione di tipo conservativo, con tecniche che si sono dimostrate finora non solo inefficaci ma dannose.
“Definire “vocate” le aree per il cinghiale esterne al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano – prosegue la lettera – continuerà a rendere vani gli sforzi e gli investimenti dell’Ente Parco per ridurre fino all’eradicazione i cinghiali, contribuirà (…) alla perturbazione dell’equilibrio demografico nei branchi di cinghiali e al loro aumento e acuirà il già insostenibile impatto di questo onnivoro sulle altre specie selvatiche e sull’agricoltura. Si fa presente che già oggi all’Elba, a causa dei cinghiali, risultano estinte alcune specie di orchidee e che è visibile l’estrema rarefazione di alcune specie rare e protette di rettili e anfibi e degli uccelli nidificanti al suolo o nei cespugli raggiungibili dai cinghiali. Considerando vocate le aree dell’Elba esterne al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si ignorano completamente non solo le richieste di eradicazione dello stesso Ente Parco corroborate da pareri dell’Ispra, ma anche quelle degli ambientalisti e degli agricoltori e di migliaia di cittadini che hanno più volte inviato petizioni anche alla Regione Toscana per chiedere interventi di riduzione radicale della popolazione di cinghiale. Un dibattito che dura da anni e che la Regione sembra ignorare”.
Fonte: Legambiente Arcipelago Toscano
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