Oltre la siepe - di Sandro Angiolini

Per fare un albero ci vuole un seme (ma anche un po’ di cervello…)

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In Africa riforestazioni sbagliate stanno minacciando importanti ecosistemi. Noi invece non sfruttiamo tutte le occasioni che avremmo per creare nuovi spazi verdi.

 

di Sandro Angiolini
18 febbraio 2024

Questa settimana ho scelto come notizia su cui mettere gli occhi qualcosa di insolito (anche se a giudicare dal testo che seguirà non così tanto), e forse anche contro-corrente: un piano di afforestamento inopportuno. La riporta il quotidiano inglese The Guardian (leggi qui l’articolo) e tutto sommato mi sembra educativa per vari aspetti.

Cosa dice? Che in Africa si stanno spesso (sembra nel 52% dei casi) conducendo piani di afforestamento sbagliati per due motivi:
si usano specie di piante che non sono tipiche (autoctone) di certi ambienti. Questo implica che le loro probabilità di crescita potrebbero essere minori e che potrebbero alterare gli equilibri degli ecosistemi in cui vengono inserite;
i nuovi alberi vengono piantati in ambienti dove in realtà si sono affermati ecosistemi che degli alberi non hanno bisogno. Questo implica che si possono pregiudicare le condizioni di vita di varie specie (animali e vegetali) e di habitat rari.

La principale lezione che credo se ne possa derivare è che non basta piantare un albero per fare una cosa positiva per l’ambiente, anzi, talvolta è vero il contrario. Come in altre questioni, l’essenziale è mantenere una buona visione d’insieme (in questi casi abbinando un buon naturalista all’esperto forestale di turno).

È chiaro che ci possono essere situazioni estreme (per esempio la veloce avanzata di deserti che mettono a rischio habitat naturali e/o anche attività umane) dove si può far fronte all’emergenza impiantando specie magari non autoctone ma a rapido accrescimento, resistenti ai venti e in grado di fronteggiare emergenze del genere.

La notizia ha secondo me un interessante contro-risvolto. Pensiamo cioè a tutte le occasioni che avremmo, dalle nostre parti, per creare nuovi spazi verdi e che invece non sfruttiamo. Molti di voi avranno sentito parlare dei “tetti verdi”: superfici poco profonde dove vengono seminate piante erbacee (raramente di taglia maggiore) con lo scopo di trattenere l’acqua piovana (che altrimenti se ne andrebbe via rapidamente contribuendo a ondate di piena) e assorbire anidride carbonica dall’aria. Presentano anche il vantaggio di isolare meglio il volume sottostante dal caldo e dal freddo.

Se ne potrebbero creare su vari tipi di immobili, a costi ragionevolmente bassi: per esempio sulle pensiline dei bus o su vari edifici a uso non abitativo (come centri commerciali). A questo proposito, avrete sicuramente notato che in Toscana si stanno inaugurando ultimamente vari nuovi supermercati. Avete notato su quanti di essi sono stati realizzati anche dei tetti verdi? Appunto…

 

Sandro Angiolini_piccolaOLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.

Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.

È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
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