Oltre la siepe - di Sandro Angiolini

Parchi e sviluppo sostenibile: le false verità di chi continua a remare contro

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Il parco naturale di Porto Selvaggio nel Salento

Chi continua a sfornare queste critiche lo fa soprattutto perché è in qualche modo interessato a lasciare le cose come stanno.

 

di Sandro Angiolini
26 maggio 2024

Questa settimana sono stato a seguire una decina di dibattiti al festival dell’Economia di Trento (alla sua 19ma edizione) e le due notizie che vorrei commentare hanno a che fare con esso. La prima in realtà è apparsa, bene esposta, sul giornale che sponsorizzava l’evento (Il Sole24Ore) e riveste secondo me una notevole importanza, soprattutto per il futuro delle aree protette italiane.

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la n. 3945 del 30/04/2024), pubblicata pochi giorni fa, ha infatti sancito che gli enti pubblici debbano intervenire attivamente, e se del caso preventivamente, per invertire situazioni di degrado che si verifichino in aree protette dalla rete europea Natura 2000. Non sono cioè sufficienti semplici interventi di ordinaria amministrazione, né possono essere portate quale scusante situazioni legate a frammentazione di competenze in merito. Come ben capite, in un Paese come l’Italia questo equivale a una specie di rivoluzione, perché troppo spesso i problemi ambientali si lasciano decantare finendo con l’intervenire poi concretamente solo quando si è generata un’emergenza difficilmente aggiustabile.

Tornando ai dibattiti del festival, nel complesso molto stimolante, mi soffermo su alcuni miti (in negativo) che ho sentito purtroppo riaffermare, anche da parte di personaggi la cui posizione richiederebbe una maggiore conoscenza di problemi e soluzioni (tipo ex-presidenti di Confindustria). Vediamo i principali:

la transizione ecologica (il cosiddetto “Green Deal”) è stata una forzatura ideologica: sarà anche andata così ma l’ha votata la maggioranza del Parlamento europeo, e a me pare piuttosto una visione strategica di medio-lungo periodo che punta a fare del nostro continente il luogo al mondo dove benessere socio-economico e qualità ambientale si esprimono meglio. Lanciata a fine 2019, non si potevano prevedere la pandemia e lo scoppio della guerra tra Ucraina-Russia, che hanno comportato seri aggravi di costi e difficoltà sociali di ogni tipo;

la transizione ecologica costa troppo e non è supportata da basi scientifiche (es. le auto elettriche in realtà non fanno bene all’ambiente): ogni grande cambiamento comporta dei costi, conta soprattutto capire come e su chi ricadono. Ognuno dovrebbe fare la sua parte (imprese, consumatori, la società nel suo complesso) e l’essenziale è che ci sia piena trasparenza sui costi – e sui guadagni – in gioco. Senza dimenticare però che la transizione verde genera tanto lavoro, favorisce l’innovazione e che gli studi sull’efficacia (non alta ma esiste) del passaggio ai veicoli (non solo auto) elettrici o alle energie rinnovabili ci sono già;

la transizione ecologica è superflua e/o inutile perché l’Europa è responsabile di meno del 10% delle emissioni nocive al mondo: ci credo, è da almeno 25 anni che le politiche europee hanno puntato a ridurle! Inoltre sia gli Stati Uniti che la Cina stanno investendo cifre anche superiori con gli stessi fini, forse proprio perché hanno iniziato a farlo più tardi di noi. Ricordo poi che ci sarebbero dei trattati internazionali da rispettare in questo senso (vedi accordo di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico del 2015): o vogliamo elegantemente fregarcene?

la transizione ecologica provoca la deindustrializzazione dell’Italia e dell’Europa e ci sta facendo importare tutto dalla Cina: a me risulta che da quando, nel 2001, la Cina è stata ammessa all’interno del WTO (l’organizzazione mondiale del commercio) quasi tutte le principali multinazionali hanno preferito trasferire lì una buona parte delle loro attività perché pagavano due soldi la manodopera; più o meno come tante ditte italiane hanno fatto con i Paesi dell’Est Europa entrati nella UE nel maggio 2004. Poi ci si lamenta se i Cinesi, una volta imparato il sistema, hanno puntato a fare da soli e a produrre anche beni di buona qualità, come pannelli solari e auto elettriche? Dovevamo pensarci e attrezzarci meglio prima.

Alla fine della storia la conclusione è una sola: chi continua a sfornare queste critiche lo fa soprattutto perché è in qualche modo interessato a lasciare le cose come stanno e a trovare dei facili capri espiatori per problemi che in realtà avrebbero bisogno di soluzioni complesse. Accetto contradditori.

 

Sandro Angiolini_piccolaOLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.

Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.

È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
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