Tre sono stati ritrovati negli ultimi due giorni: due all’Elba e uno a Vada. I laboratori di analisi sono al lavoro ma per conoscere i risultati ci vorrà ancora del tempo.
di Gabriella Congedo
Otto delfini sono venuti a morire sulle coste toscane dall’inizio di ottobre a oggi. A renderlo noto è Arpat, l’Agenzia regionale di Protezione ambientale che con il suo Settore Mare partecipa alle attività dell’Osservatorio Toscano della Biodiversità.
Gli otto esemplari, tutti appartenenti alla specie Stenella, erano appena morti (due erano vivi la sera precedente). I biologi di Arpat sono riusciti a recuperarne sei: su uno è stata già eseguita la necroscopia a inizio ottobre, gli altri cinque verranno esaminati la prossima settimana presso i laboratori del dipartimento di Scienze fisiche Terra e Ambiente dell’Università di Siena.
Negli ultimi giorni gli spiaggiamenti si sono intensificati con due delfini recuperati giovedì 17 e l’ultimo ritrovato ieri, venerdì 18 dicembre.
Questi gli spiaggiamenti dall’inizio di ottobre:
- 4 ottobre Calambrone
- 26 ottobre (viva poi morta) Rio Marina
- 5 dicembre Marina di Grosseto
- 10 dicembre (viva poi morta) Piombino (esemplare non recuperato)
- 17 dicembre Lacona
- 17 dicembre Vada
- 18 dicembre Porto Azzurro
- 19 dicembre Isola d’Elba (spiaggia di Mola) in corso di recupero.
Al momento non si conoscono le cause della morte, informa l’agenzia. Per saperne di più bisognerà attendere le analisi dell’Università di Siena su eventuali contaminazioni e dei veterinari dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana, ma i risultati non saranno disponibili in tempi brevi. Un’informazione importante arriverà anche dalla presenza o meno di cibo nello stomaco (stomaci vuoti sono un segnale di malessere).
Qualcuno forse ricorderà la morìa di delfini registrata in Toscana nell’estate 2019. In quel caso si trattava di giovani Tursiopi e quasi tutti avevano lo stomaco completamente vuoto. Le analisi avevano poi svelato che a uccidere gli animali era stato il virus Cemv, il Morbillivirus dei cetacei. Ma gli esami autoptici sulle carcasse avevano evidenziato anche livelli elevati di Ddts e Pcbs, policlorobifenili organoclorurati di vecchia generazione utilizzati anche come insetticidi e ancora presenti nel Mediterraneo. Prodotti che potrebbero avere avuto un effetto immunosoppressore e aver contribuito al diffondersi della malattia.
Adesso non ci sono ancora gli elementi per parlare di morìa, spiega Arpat: “Per il momento a livello nazionale non ci sono segnali particolari o numeri “anomali” di mortalità che possano indicare episodi epidemici”. Non rimane dunque che aspettare i risultati degli accertamenti.
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