Nuove tecniche sperimentali per individuare la presenza di specie alloctone nelle aree più a rischio. In gioco c’è la biodiversità dei nostri mari.
di Gabriella Congedo
LIVORNO – Arrivano insieme alle navi, utilizzando come vettore le acque di zavorra e il “fouling”, ossia le incrostazioni che ricoprono gli scafi, ma anche attraverso l’acquacoltura. Sono le specie aliene presenti nei nostri mari, una minaccia per la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi. Un fenomeno abbastanza recente innescato dall’aumento vertiginoso degli scambi intercontinentali, del quale gli scienziati stanno iniziando solo ora a comprendere le dinamiche.
Per farsene un’idea basterà sapere che il Summary Report del 2018 riporta 244 specie censite nei mari italiani, oltre a 16 specie criptogeniche (di origine sconosciuta), 15 specie dubbie e altre 58 per le quali sono necessarie ulteriori verifiche.
Per questo la Direttiva europea sulla Marine Strategy prescrive un attento monitoraggio in mare delle specie non indigene, dette anche NIS, (Non indigenous species) introdotte dall’uomo.
Il Ministero della Transizione Ecologica, responsabile per l’attuazione della direttiva, ha affidato alle Agenzie ambientali i monitoraggi nelle aree a maggior rischio. In Toscana se ne occupa ARPAT, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, che dal 2015 al 2018 ha concentrato le sue indagini su due stazioni dell’area portuale di Piombino. Dal 2021 la modalità operativa di monitoraggio delle specie alloctone è stata aggiornata e prevede una serie di attività sperimentali sia all’interno del porto industriale di Livorno che a Piombino, presso l’allevamento di molluschi di Carbonifera.
Nel porto di Livorno la scelta del punto d’indagine è caduta sulla banchina Lorenzini dove si sta impiegando, a livello sperimentale, una nuova tecnica adottata anche da ARPA Emilia Romagna e da ARPA Liguria.
I moduli usati per questo tipo di analisi sono costituiti da un mattone di zavorra sotto cui è posizionato un pannello di Pvc, la cui faccia rivolta verso il basso viene analizzata per determinare lo zoobenthos, il complesso degli organismi animali che vivono sul fondo dei mari. Più in alto è collocato un altro pannello esposto alla luce per l’analisi delle macroalghe.
A maggio del 2021 sono stati calati in acqua 6 moduli comprensivi dei due pannelli sia a Livorno che a Piombino. Trascorso il tempo necessario sono stati recuperati per essere analizzati.
Un’altra tecnica sperimentale impiegata a partire dal 2021 consiste nel calare in acqua quattro diversi tipi di nasse da pesca innescate con sardine per catturare pesci, crostacei, gasteropodi ed echinodermi. Sarà compito dei biologi del CIBM (Centro Interuniversitario di Biologia Marina) di Livorno analizzarli per verificare la presenza di specie alloctone. I dati ottenuti saranno disponibili insieme a quelli delle altre agenzie ambientali nel Sistema Informativo centralizzato.
Questi studi sono lunghi e complessi ma necessari per conoscere la diffusione delle specie aliene e arrivare ad elaborare delle strategie per contrastarla. In gioco c’è un bene preziosissimo, la biodiversità del nostro mare.
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