In Italia il problema del consumo (spesso inutile) di suolo è aggravato da speculazione, corruzione e spreco di denaro pubblico.
di Sandro Angiolini
Lo spunto di questa settimana mi arriva dalla pubblicazione di un rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente e mi permette di toccare un tema che ancora, in quasi due anni, non avevo potuto trattare: il consumo (spesso inutile) di suolo.
Il rapporto riguarda il consumo di terreno verificatosi tra il 2012 e il 2018 in 662 aree urbane e periurbane del continente. Ci dice che in tale periodo circa 3.581 km quadrati sono stati “convertiti” da usi naturali – incluse le coltivazioni – a usi civili; da notare che circa 1.500 kmq sono stati asfaltati o cementificati (il 42%), quindi irrimediabilmente persi per la Natura.
Cosa ci dice tutto questo, anche in un’ottica italiana? Vediamo un po’:
– è inutile gridare “al lupo, al lupo”: ci sono zone dove la crescita demografica è reale, e deve essere accompagnata dalla fornitura di servizi adeguati (es. scuole, servizi sanitari, infrastrutture varie). Che tutto questo debba però essere fatto secondo le regole di una trasparente programmazione, e con una buona partecipazione degli abitanti , mi sembra il minimo. Non sempre le amministrazioni sono in grado di garantire né l’una né l’altra (anche perché, negli ultimi 20-30 anni, alla Pubblica Amministrazione si è chiesto essenzialmente di tagliare le spese, senza preoccuparsi di migliorare la qualità media del suo funzionamento);
– qui cominciano ad affacciarsi altri problemi a cui siamo purtroppo abituati: da noi i livelli di corruzione e spreco di denaro pubblico sono tuttora enormi, ed è quindi facile intuire che tutto ciò comporti un consumo ulteriore di terreno. Inoltre, peculiarità tipicamente italiana, ogni 6-7 anni ci regaliamo un condono, che legittima consumo di suolo nella stragrande maggioranza dei casi realizzato a fini speculativi. Il bello è che questi condoni ci vengono giustificati per “fare cassa”, cioè per rientrare parzialmente del debito pubblico creato appunto anche da corruzione e sprechi.
L’esperienza della pandemia e la guerra in corso ci stanno dicendo molte cose. Ci dicono per esempio che non è necessario disporre di grandi uffici per far lavorare bene la gente, e che tutelare la sicurezza delle forniture alimentari (un concetto più ampio e flessibile dell’auto-sufficienza, spesso utopica) è molto importante. Ci dicono anche che disporre di spazi verdi vicini, ricchi in biodiversità e da fruire con regolarità fa bene al nostro corpo e al nostro spirito: curarli con intelligenza senza spenderci una fortuna dovrebbe essere perciò una priorità.
Riusciranno i nostri amministratori ad assimilare questo concetto? Forse è più facile approvare la costruzione di un nuovo centro commerciale o un nuovo piano operativo pensando che il mondo non cambi…
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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