Inquinamento

Massa Carrara, Livorno, Piombino, Orbetello: bonifiche al palo per i SIN della Toscana

SIN Piombino
Il SIN di Piombino

Goletta Verde di Legambiente presenta un dossier e lancia la campagna #liberidaiveleni: “Quanto si dovrà ancora aspettare?”.

 

di Gabriella Congedo

MARINA DI CARRARA (Ms) – La loro superficie complessiva è di 1147 ettari, l’equivalente di 1680 campi di calcio. Sono i quattro SIN (Siti di Interesse Nazionale) della Toscana: Massa Carrara, Livorno, Orbetello e Piombino. Aree contaminate, classificate fin dal 1997 come pericolose dallo Stato italiano, che hanno dunque bisogno di essere bonificate. Alcuni degli impianti responsabili dell’inquinamento (stabilimenti chimici, siderurgici, farmaceutici, discariche e inceneritori) sono stati dismessi ma i loro veleni restano: nel terreno, nella falda, nei corsi d’acqua.

Il risanamento ambientale di questi siti dovrebbe essere concluso da un pezzo e invece siamo all’incirca all’anno zero. E così Goletta Verde di Legambiente ha acceso i riflettori su questi territori dimenticati per decenni e a Marina di Carrara ha presentato la nuova campagna #liberidaiveleni e un dossier sullo stato dell’arte e le proposte per invertire la rotta.

Bonifiche dei SIN toscani: la situazione

L’analisi della situazione è impietosa. Secondo il dossier di Legambiente, dei 4 Siti di Interesse Nazionale toscani solamente Piombino risulta avere un procedimento di bonifica concluso al 45% (ma con un misero 4% per la falda). Per gli altri tre, Massa Carrara, Livorno e Orbetello, percentuali bonificate imbarazzanti sia per i suoli che per le falde, senza considerare i soldi e il tempo spesi negli ultimi 20 anni.
Massa Carrara vede solo l’8% delle aree a terra e il 3% delle acque di falda con procedimento di bonifica concluso; Livorno e Orbetello sono ferme da sempre per entrambe le matrici (0% di procedimenti conclusi per terreni e falde per i due siti).

Quanto si dovrà ancora aspettare per arrivare agli interventi di bonifica reale e concreta per i SIN toscani? – si domanda Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana. – Qui non si tratta solo di restituire alla cittadinanza porzioni di territorio abbandonate ormai da troppo tempo ma anche di tutelare la salute di chi convive da quasi un secolo con una situazione di inquinamento e degrado ambientale estremamente preoccupante”.

Il V Rapporto Sentieri

Appunto, la salute delle persone. Sul fronte sanitario, come si ricava anche dal quinto Rapporto Sentieri del 2019 (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), i dati per almeno tre dei siti toscani sono preoccupanti: eccessi di mortalità per alcuni tumori e un’incidenza oltre la media per malattie delle vie respiratorie e malformazioni congenite. Situazione dovuta alle sostanze presenti nei suoli e nelle falde che, al di là della specifica tossicità, producono un temibile effetto cocktail, specialmente nelle falde e nelle acque marine e lagunari.

Le proposte di Legambiente

Dopo la denuncia arrivano le proposte, com’è nello stile pragmatico dell’associazione ambientalista.
– Procedere con interventi di bonifica che superino il vecchio approccio del conferimento in discarica dei terreni contaminati. Le tecnologie e l’esperienza maturate nelle bonifiche negli ultimi vent’anni hanno fatto grandi passi in avanti e non si può rimanere legati alle procedure del passato.
– Sul fronte sanitario, invece, dare piena attuazione alla delibera della Giunta della Regione Toscana n. 1520 del 9 dicembre 2019 che indica gli interventi per tutelare la popolazione residente nei SIN, potenziando le attività sanitarie nel territorio, migliorando le liste di attesa, garantendo visite specialistiche per la prevenzione, diagnosi e cura degli abitanti, migliorando i servizi su diagnosi prenatale e malformazioni congenite e prevenendo con screening oncologici.
– Avviare quanto prima i Patti territoriali per la transizione ecologica per limitare i danni all’ambiente, alla salute della popolazione e all’economia.
-Infine, individuare un percorso chiaro di riqualificazione e riconversione degli impianti che tenga assieme le esigenze ambientali con quelle occupazionali ed economiche. Perchè, dice Legambiente, non è più tollerabile il ricatto dell’occupazione a fronte del risanamento ambientale.

E speriamo che per fare tutto questo non occorrano altri vent’anni. L’ambiente e la salute delle persone non possono aspettare.