Questa pratica ha origini antichissime e in molti Paesi fa ancora parte delle diete tradizionali. Da noi si scontra con una specie di blocco mentale.
di Valentino Valentini
6 febbraio 2023
Lo studio della preistoria e delle antiche civiltà sorte in Eurasia, ma anche nelle Ande e in Mesoamerica, specie per quel che riguarda la gran mole dei reperti fossili, dimostra che per quelle antiche genti i miei amati insetti rientravano ordinariamente nella dieta quotidiana. È ampiamente dimostrato che a quei tempi cavallette e locuste, larve di coleotteri e bruchi di farfalle, ma anche formiche e vespe, cicale, termiti e libellule rappresentavano per i nostri antenati un cibo gustoso, nutriente e facile da reperire, e che questi costumi alimentari risalgono all’origine della nostra storia evolutiva.
Col progredire, poi, delle tecniche agricole e forestali molte popolazioni non hanno sentito più la necessità di nutrirsi d’insetti, anche se vi sono comunità in Africa, Asia e America Meridionale che continuano ancor oggi a seguire tale millenaria tradizione.
Tanto per fare un esempio, soprattutto a nord della Tailandia e nelle aree montuose della Cina meridionale – ma il Messico li supera tutti – delle circa 500 specie che si consumano abitualmente in questi Paesi ben 300 sono appannaggio delle tavole messicane, compresa una speciale tequila che non è perfetta se non viene preparata immergendovi una larva o bruco di lepidottero, chiamata localmente “cusano”: e questo è il segno più tangibile del forte legame che esiste tra i nostri insetti e la cultura gastronomica messicana.
Per non parlare poi del Giappone, dove prelibatezze a base di alcuni tipi di cavallette, larve di imenotteri e persino di tricotteri sono state cibo popolare praticamente sino a oggi: soprattutto le cavallette si raccoglievano nelle risaie e venivano comunemente consumate specie durante la stagione invernale.
Quanto all’Europa, diciamo subito che è alla ricerca di proteine di qualità, a basso costo e a contenuto impatto ambientale (nell’ambito alimentare, come abbiamo visto, gli insetti rivestono grande interesse), per un pianeta che nel 2050 avrà più di 9 miliardi di esseri umani, con risorse sempre più scarse e sempre meno terre coltivabili; per non parlare del fenomeno della deforestazione, provocata o meno dal pascolo, inquinamento delle acque e surriscaldamento del clima globale, problemi pesantissimi indubbiamente provocati dalla mentalità “dominatrice” dell’uomo moderno.
L’europeo, primo fra tutti, per il quale a quanto sembra l’idea che questi “insettacci sporchi, brutti e cattivi” possano far parte della dieta quotidiana resta alquanto lontana dal centro decisionale del cervello. Lo dimostrano ignoranza, pregiudizi e “disgusto” di noi europei, che costituiscono una specie di blocco mentale all’adozione degli insetti come fonte di proteine causato anche dal fatto che noi “moderni” si possa ancora ottenere il paradiso terrestre con l’ausilio della scienza, della tecnologia e dell’industria, sostituendo sistematicamente il mondo naturale, quello che si è sviluppato come risultato di ben 3 miliardi di anni evoluzione, con un’organizzazione totalmente diversa, dettata dal cosiddetto “sviluppo economico”, identificato poi come il vero progresso dell’intera umanità.
Ci sta che per molti studiosi di ecologia noi si sia fatto i conti “senza l’oste”, costituito da un’ecosfera sempre più offesa e destabilizzata dai nostri comportamenti. Il vero progresso e la vera ricchezza derivano, al contrario, dal normale funzionamento del mondo naturale, dettato dal clima, favorevole alla vita e di cui peraltro abbiamo goduto per centinaia di milioni di anni, dalle nostre foreste e savane (oggi anch’esse in pericolo), dai fertili terreni agricoli, dai nostri fiumi e ruscelli, dalle sorgenti e dalle falde acquifere (che, se permettete, non abbiamo amato mai abbastanza), dalle nostre più che preziose zone umide foriere di biodiversità (oggi sempre più rare e minacciate), dalle strepitose barriere coralline (rese sterili per le temperature sempre più alte), dai nostri mari e oceani (sempre più offesi da inquinamento e dalla plastica) e da una miriade di forme di vita che, insetti compresi, per nostra buona sorte ancor oggi vi abitano.
Ritornando ai nostri antenati, per i quali tutelare la Natura e gli ecosistemi era considerata non solo un’esigenza scientifica ma soprattutto un profondo imperativo morale, e riprendendo la controversa questione di questi nostri insetti che diventano così importanti per l’alimentazione umana pur con le dovute cautele igieniche e sanitarie, spero vi piacerà che a questo proposito vi proponga una preghiera dei discepoli del filosofo e “guru” inglese John Bennet, recitata ogni volta prima di mettersi a pranzo, una prece che spero condividerete totalmente con me: “Tutta la vita è una/ E ogni cosa che vive è sacra/ Piante, animali e uomini/ Devono tutti mangiare per vivere e nutrirsi l’un l’altro/ Benediciamo le vite che sono morte per darci del cibo/ Mangiando consapevolmente/ Decisi a pagare col nostro lavoro/ Il debito della nostra esistenza”.
Valentino Valentini, di Taranto, è residente a Martina Franca (TA). È un entomologo divulgazionista con una lunga esperienza di ricerca microfaunistica svolta soprattutto nelle estreme regioni meridionali d’Italia.
Laureato in Giurisprudenza, è stato addetto all’Ufficio legale di un istituto di credito.
Ha istituito in San Severino Lucano (PZ) – Parco Nazionale del Pollino – il Museo Laboratorio della Fauna Minore per una maggiore conoscenza delle piccole faune del Meridione d’Italia.
Come scrittore naturalista ha pubblicato diversi saggi, da solo o con altri autori, e collabora con quotidiani e periodici, nazionali e locali, con articoli a carattere scientifico e divulgativo di argomento naturalistico.
Ha fondato nella sua città il “Comitato per il rimboschimento di Taranto” ed è stato cofondatore del “Comitato nazionale per gli Alberi e il Paesaggio”. È stato responsabile della sezione di Taranto del WWF ed è socio della Società Entomologica Italiana, dell’Associazione romana di Entomologia e di Italia Nostra.
Aggiungi un commento