Un ovetto di cioccolato avvolto in un fazzoletto di cotone mi riporta alle Pasquette della mia infanzia.
di Laura Lop
L’improvviso bisogno di zucchero associato a giornate un po’ troppo frenetiche e mi ritrovo a entrare nella prima pasticceria che mi capita. E’ tutto uno scintillio di scricchiolanti incarti plastificati contenenti uova pasquali, colorate e accattivanti, allacciate a peluche, su ogni mensola, per ogni gusto e fascia di prezzo.
Un paio di morsi alla barchetta di frutta e via ripartire. Ma mentre sono alla cassa, quasi nascosto nell’angolino, mi trovo davanti a una sorpresa che mi lascia sbalordita: un ovetto di cioccolato avvolto dentro a un fazzoletto di cotone.
Rimango immobile, forse con la bocca un po’ aperta, ripensandoci mi viene da ridere, ma diamine, finalmente l’uovo che volevo trovare! Lo compro e, come si suol dire, mi sento felice come una Pasqua.
Posso festeggiare a rifiuto zero, mangio il cioccolato e mi rimane il fazzoletto. Nessun rifiuto, nessuno spreco.
Come aprire un cassetto di memorie, ritorno a quando ero bambina e la nonna mi metteva il fazzoletto di stoffa con le avventure di Braccio di ferro in cartella. Solo pochi decenni fa non esisteva e soprattutto non si concepiva lo spendere soldi per usare una sola volta e buttare. In questo modo era facile tenere una produzione di rifiuti pro capite molto bassa e ancora non si era inventata l’esigenza della raccolta differenziata.
Rimango ancora un po’ nella visione nostalgica della mia infanzia e frugo tra i ricordi per ricomporre il tradizionale pic nic di Pasquetta della mia famiglia: tre macchine stracolme di bimbi, borse frigo, tavoli e sedie pieghevoli, palloni, mazzi di carte, fiaschi di vino, polpette, i nonni, gli zii, la cassetta di Celentano, i plaid. Un mezzo trasloco, una valanga di oggetti che venivano movimentati per un solo giorno che ogni anno si ripeteva in modo quasi identico, lasciandosi alle spalle una ricca scorpacciata, i giochi, lo zio burlone che si credeva Tarzan sugli alberi, le discussioni politiche, i dispetti fra cugini, ma mai ci sognavamo di lasciare pezzi di quella giornata in giro per i prati. Il motivo principale è che niente poteva essere abbandonato perché tutto era riutilizzabile.
Nel ritorno a dare il giusto valore agli oggetti che usiamo vedo la nostra sfida più grande.
L’indole pigra e la furbizia del marketing ci hanno subdolamente indotti a ignorare le conseguenze dietro ogni nostro acquisto e comportamento.
Nell’illusione di essere più all’avanguardia bevendosi un caffè da capsula anziché moka, o di risparmiare tempo mangiando l’insalata già pulita delle buste di plastica, non solo contribuiamo a riempirci di spazzatura, ma spendiamo tanti più soldi per lo stesso identico genere alimentare, soldi che ci costringono a lavorare sempre di più, aumentando l’insicurezza e la frustrazione di non averne mai abbastanza.
Tra i vari significati attribuiti alla Pasqua c’è il concetto di passaggio, del passare oltre, del rinascere a una nuova vita illuminati dalla luce dell’equinozio primaverile.
Condividendo simbolicamente il mio uovo-nel-fazzoletto con voi, il miglior auspicio che posso inviare è quello di risvegliarsi alle nostre priorità più profonde: un legame empatico con l’Ambiente e delle salde relazioni sociali di gratitudine e di bene.
Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.
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