L’inosservanza dell’uomo moderno dei vincoli necessari a mantenere l’integrità dei sistemi sociali ed ecologici di cui fa parte ne sta provocando la distruzione.
di Valentino Valentini, direttore Museo-Laboratorio della Fauna Minore di San Severino Lucano (PZ)
19 luglio 2024
Per Edward Goldsmith, uno dei più grandi ecologi del nostro tempo, la Natura è la prima insegnante d’etica dell’uomo, quindi una cosa è giusta se tende a conservare l’integrità, la stabilità e la bellezza del mondo naturale, è sbagliata, invece, se tende a qualcos’altro. Nell’antica Grecia Moira (fato) e Dike (giustizia, legge e moralità) erano indistinguibili, una vera e propria frontiera tra il giusto e l’ingiusto.
Secondo i popoli vernacolari coloro che fuorviano dalla retta giustizia e quindi violano le leggi morali del cosmo, assumendo pertanto la forma di Nemesi, dal cosmo saranno colpiti (sta già accadendo!).
Tutti noi possiamo facilmente notare quant’è lontana quest’etica dall’attuale visione del mondo dell’uomo moderno. Per questi si può ottenere un Paradiso terrestre solo con l’ausilio della scienza, della tecnologia e dell’industria, sostituendo sistematicamente il mondo naturale – quello che si è sviluppato con tre miliardi di anni evoluzione – con un organismo totalmente diverso, il mondo artificiale degli artefatti umani che sostiene il cosiddetto sviluppo economico, identificato poi col “progresso”. Un’etica questa che potremmo chiamare “artificialistica”, contrapposta a quella naturalistica citata sopra, e che serve a razionalizzare, quindi a legittimare, l’impresa dello sviluppo economico nella quale la nostra società è decisamente impegnata: anche se questo significa comportarsi in un modo che è decisamente contrario alla nostra natura così come è determinata dai nostri geni.
I filosofi della morale dei nostri giorni, d’altra parte, non ritengono che la moralità sia in alcun modo connessa con il nostro comportamento nei confronti della Natura o del cosmo. Si sostiene che la morale inizi con l’uomo moderno e che non si può affermare che l’uomo primitivo o “vernacolare” sia stato effettivamente “morale”: questo anche se di recente l’ecologo umano professor S. Boyden ha sostenuto che le malattie della civiltà umana, nella misura in cui il nostro modo di vivere e il nostro ambiente si sono scostati da quelli ai quali siamo stati adattati dalla nostra evoluzione, sono in realtà sintomi chiari di un “disadattamento filogenetico” (o evolutivo) e tutti i tentativi di combatterli con mezzi in gran parte tecnologici costituiscono solo uno “pseudo adattamento” che serve a mascherare i sintomi stessi, anche a costo di perpetuarli.
Si continua a sostenere oggi che la moralità è associata all’acquisizione della conoscenza e quindi allo sviluppo della scienza, al punto che tale “etica della conoscenza” è la sola che renda possibile l’istaurarsi di una vera democrazia: ne segue che via via che la conoscenza si accresce le nostre scelte razionali evolveranno, quindi la nostra etica dovrà essere flessibile invece che assoluta e universale e incedere addirittura verso una maggiore “individuazione”, promuovendo la dignità e l’integrità dell’individuo. Così l’etica della conoscenza, del progresso e dell’individuazione in buona sostanza non s’impone all’uomo, al contrario è l’uomo stesso che se la impone: ed è tale anche l’etica del progresso che favorisce questo processo di espansione della tecnosfera, l’universo ormai sconfinato dei manufatti umani.
Chi scrive, al contrario, è totalmente d’accordo con Edward Goldsmith perché alla luce di quanto sta accadendo oggi al nostro ambiente, alla biodiversità, agli animali e alle piante di questo pianeta serve urgentemente massimizzare il benessere degli esseri umani e delle altre forme di vita, l’unica e sola impresa veramente morale! Ed è proprio l’inosservanza dell’uomo moderno – di questo “uomo solo al comando” – dei vincoli necessari per mantenere l’integrità e la stabilità dei vari sistemi sociali ed ecologici di cui fa parte a provocare la loro disintegrazione e distruzione, da cui nasce la crescente incidenza di “discontinuità”, come le attuali guerre disastrose per uomo e ambiente, i massacri di persone incolpevoli, le temibili inondazioni cui stiamo assistendo anche nel nostro Paese, carenza di piogge e siccità, diffuse e pericolose carestie, epidemie e cambiamenti climatici di cui oggi stiamo soffrendo un po’ tutti, fenomeni che stanno portando il nostro bel pianeta a progressiva distruzione (questo non avrei mai voluto scriverlo).
Questi vincoli, precisiamo, non sono di carattere casuale ma sono esattamente quelli che devono condurre gli esseri viventi – Sapiens in testa – a contribuire alla conservazione dell’ordine cruciale dell’ecosfera, con la biosfera che contiene. L’uomo “ctonio” (= autoctono, stanziatosi in un determinato territorio in epoca assai remota) ha sempre riconosciuto un insieme gerarchico di leggi che governano contemporaneamente il suo comportamento, la sua comunità e il mondo naturale, leggi che era suo preciso obbligo morale osservare il più rigorosamente possibile.
La grande Scuola Ecologica di Chicago ritiene che la Natura, poiché creativa e cooperativa, fornisca a tutti una grande ispirazione morale; la tendenza evolutiva, dicono, è come un grande sentiero diritto attraverso un fitto bosco e richiede all’esploratore di rimanere sulla pista e seguirla sino in fondo: questo grande sentiero è la Via, che ogni uomo ctonio nella storia ha considerato “morale” perché serve a mantenere l’integrità e la stabilità degli esseri viventi. Da qui l’importanza, oltre che l’urgenza, della conoscenza e diffusione dei fondamentali di ecologia, o biologia dell’ambiente, attualmente la più grande missione morale per noi ecologisti, smascherando e sbugiardando al contempo profittatori e negazionisti affinché nessuno, politici e amministratori pubblici in testa, se ne senta escluso. Non v’è che augurare buona “impresa morale” a tutti.
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