Tempi lunghissimi e costi esorbitanti: la fusione nucleare non è un’opzione energetica. Bisogna invece accelerare sulle soluzioni che già abbiamo.
di Sandro Angiolini
1 dicembre 2024
Questa settimana scelgo di commentare un episodio a carattere ambientale avvenuto in Italia che in sé ha una portata limitata ma che mi permette di farvi riflettere su un tema che molti stanno cercando a tutti i costi di far tornare di moda: lo sviluppo dell’energia nucleare.
Nel centro di ricerche di Casaccia, situato vicino a Roma e fino al 2003 al servizio di una piccolissima centrale nucleare sperimentale, un lavoratore è risultato infatti contaminato dal plutonio. Due le cose che saltano agli occhi, perlomeno dalle prime note apparse sui media: sembra che il plutonio lo abbia ingerito; l’ente che controlla le attività del centro lo ha saputo solo 4 giorni dopo, e il ministero dell’Ambiente 8 giorni dopo dai media…
Nella speranza (ma non nella certezza) che la dinamica di questo fatto venga chiarita e resa pubblica la domanda di fondo è: ha senso oggi puntare sull’energia nucleare come soluzione sia dei problemi di carenza energetica che per quelli legati al cambiamento climatico? La mia risposta è fondamentalmente No, con alcune importanti precisazioni. Vediamo perché:
– se si guarda il ritmo seguito nel tempo nella costruzione di nuove centrali al mondo si può notare che, dall’incidente di Chernobyl (1986) in poi, questo è costantemente diminuito negli anni. Forse questo qualcosa vuol dire;
– se si vanno a vedere i tempi e i costi necessari per costruire, negli ultimi 30 anni, nuove centrali nucleari (per esempio in Francia e Finlandia), si riscontra che entrambi sono aumentati a dismisura rispetto alle previsioni iniziali (i costi, per intenderci, del 200-300%; sembra incredibile, ma è così).
– nel corso degli ultimi 20 anni, al contrario, il costo di produzione dell’energia da pannelli solari è diminuito in modo esponenziale. Oggi questa fonte di energia è di fatto una delle più economiche al mondo e si sta espandendo a ritmi che gli stessi esperti del settore non ritenevano plausibile fino a pochi anni fa (l’autorevole settimanale The Economist riporta costantemente articoli che confermano questo trend, che ritiene destinato a durare).
Per questo investire nelle centrali a fissione nucleare oggi non appare una scelta intelligente, né economica. Questo a livello globale, ma soprattutto in Italia, dove ricordo che, a distanza di oltre 20 anni dalla loro chiusura, ancora non siamo stati in grado di scegliere un luogo dove stoccare le modeste quantità di scorie radioattive accumulate negli anni di attività di sole quattro centrali.
Altro discorso per le centrali a fusione nucleare, che sfruttano un principio fisico diverso. Come quelle a fusione tradizionali non emettono CO2 (e questo è ottimo per il cambiamento climatico) e inoltre non dovrebbero produrre scorie radioattive. Nel 2025 partiranno diversi progetti concreti per testarne la capacità produttiva, soprattutto negli USA e in Cina. Il problema? Tempi e costi sono del tutto simili a quelli visti per le centrali che già conosciamo: altissimi. Se va bene arriveranno alla fase pienamente operativa alla fine del prossimo decennio.
In conclusione: d’accordo nel proseguire la ricerca su nuovi modelli di produzione di energia, ma cerchiamo soprattutto di accelerare gli investimenti in quelli sostenibili che già abbiamo a disposizione.
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
Vedi a questo link
Un ragionamento di buon senso.
Pero’ l’autore dovrebbe considerare anche l’opzione dei molten salt reactors a base ti torio (thorium), elemento comune e abbondante. Qui’ un link:
https://www.youtube.com/watch?v=t4EJQPWjFj8
Un prototipo ha funzionato negli USA x 5 anni ma e’ stato affossato da Nixon. Risolve molti problemi delle scorie e del plutonio.
L’Angiolini deve anche prendere in considerazione i TANTI ordini di grandezza che offre il nucleare rispetto all’energia chimica, solare e eolica, che lascia margine per aumenti di costi di costruzione, nonche’ l’enorme compattezza che evita di riempire il mondo di pannelli e di torri a danno del paesaggio.
Come scrivo nell’articolo ben vengano sperimentazioni varie. Nello specifico (mini-centrali al Torio) posso solo aggiungere che 11 anni fa sono state oggetto di un finanziamento da parte della UE, ma che poi non ne è seguito niente a livello commerciale, il che conferma le tesi di fondo che ho esposto sopra. E anche il Torio ha un tempo di decadimento delle scorie di almeno 300 anni. Per quanto riguarda le considerazioni finali sul paesaggio credo che si tratti di una questione di Priorità, su cui evidentemente è difficile trovare un accordo all’interno della popolazione.