Parassiti arrivati dall’Oriente e insetticidi le hanno già messe a dura prova. Ma ormai il peggior nemico delle api è il cambiamento climatico.
di Sandro Angiolini
La notizia su cui mi soffermo questa settimana deriva in realtà dall’aver partecipato pochi giorni fa a un convegno in provincia di Firenze sul tema apicoltura e viticoltura. Soprattutto il primo argomento mi sta particolarmente a cuore, dato che in passato mi sono occupato di assistenza tecnica al settore e sono anche assaggiatore di miele (oltre ad avere alcuni cari amici apicoltori).
Confesso quindi di essere di parte: a me le api piacciono molto, perciò mi dispiace che non se la passino affatto bene, per una lunga serie di ragioni, su cui provo a intrattenervi rapidamente.
La prima parte da alcuni decenni fa, quando dall’Oriente (probabilmente incastrato in qualche scatola di legno per il trasporto di altre derrate) arrivò anche in Italia un piccolissimo insetto dal nome eloquente: varroa destructor. In pratica il più terribile parassita che le api abbiano mai dovuto affrontare. Quando leggete o sentite parlare di “specie aliene” si parla appunto di casi come questo: animali o vegetali che non hanno nulla a che fare con i nostri ambienti, e che una volta insediatisi possono provocare danni notevoli. Da qui la necessità di interventi per cercare di controllarli adeguatamente; eradicarli del tutto è molto difficile.
La seconda ragione che spiega il declino delle popolazioni di api nel nostro Paese e in molti altri paesi al mondo si chiama “neonicotenoidi”: si tratta di prodotti insetticidi molto diffusi che venivano spruzzati sulle sementi di molte colture. Il risultato era che i semi venivano sì protetti dagli attacchi di altri insetti, ma il livello di tossicità verso le api era altissimo. Per questo, ormai da quasi 10 anni, il loro uso in Europa è stato fortemente limitato. Il problema è che questo tipo di prodotti vengono tuttora esportati nel Terzo Mondo per lo stesso uso, con quale impatto per le popolazioni di api locali è intuibile.
Ma il terzo fattore che minaccia sempre di più la sopravvivenza delle api è una “vecchia” conoscenza: il cambiamento climatico. Negli ultimi 4-5 anni la produzione di miele nazionale è diminuita soprattutto perché, a causa dell’aumento delle temperature massime estive e della disponibilità sempre meno regolare di acqua le api non riescono a mantenersi in buona salute (e anche perché le fioriture sono evidentemente più irregolari e meno produttive).
Si torna quindi a capo: cosa stiamo facendo per contrastare concretamente e presto il cambiamento climatico? Mi risulta che presso varie amministrazioni (regionali e ministeriali in primo luogo) siano in attesa di valutazione progetti per installare impianti di energia rinnovabile – quindi soprattutto solare ed eolico – per decine e decine di miliardi di euro: molti da più di tre anni.
C’è bisogno di commentare? Chissà, se le api potessero parlarci…
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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