L’allarme dell’associazione tartAmare di Grosseto. Questi granuli sono una materia prima per l’industria della plastica ma moltissimi finiscono in mare.
di Gabriella Congedo
GROSSETO – Si parla molto delle microplastiche e del pericolo che rappresentano per gli oceani e l’intero ecosistema marino. Lo sanno bene i gruppi di volontari che da nord a sud, in tutte le stagioni, perlustrano le spiagge italiane a caccia di rifiuti marini (marine litter) e li vedono aumentare anno dopo anno.
Questi rifiuti arrivano principalmente dalle attività terrestri e, soprattutto, dalla cattiva gestione dei rifiuti urbani e dai comportamenti scorretti dei cittadini.
In questi ultimi anni però sta diventando sempre più inquietante la presenza sulle spiagge di un altro tipo di oggetto, e questa volta la colpa non è nostra ma direttamente di chi lo produce e lo trasporta. Chiamati nurdles, plastic pellet o, più poeticamente, mermaid tears (lacrime di sirena) questi piccoli granuli di plastica hanno forma e dimensioni simili alle lenticchie e si mimetizzano tra gli altri piccoli rifiuti accumulati sulla costa.
A lanciare l’allarme su questa plastica subdola è l’associazione tartAmare di Grosseto, la onlus che gestisce i nidi di tartaruga marina in Maremma e l’Ospedale delle tartarughe di Marina di Grosseto. Ecco quello che stanno trovando gli operatori impegnati nel monitoraggio invernale delle spiagge:
“Pezzetti piccoli e molto piccoli che giacciono sulla sabbia – raccontano – tra gli ammassi di vegetazione di alghe che arrivano dal mare, dentro le conchiglie, tra i legnetti, in mezzo ad altri rifiuti più grossi. E non è tutto. Questi sono quelli facilmente visibili in superficie, ma se ci mettiamo a scavare un po’ sotto la sabbia se ne trovano altrettanti. Pezzettini colorati che però, anziché dare allegria, in questo caso rattristano e preoccupano molto”.
Ma c’è di peggio: “Assieme a questi pezzetti che derivano dalla frammentazione di pezzi più grandi ci sono pezzettini circolari, microscopiche palline. Sono chiamati nurdles o, più poeticamente, Lacrime di Sirena ma di poetico non hanno un bel niente: non sono altro che granuli di plastica, le plastiche primarie, il materiale che fa da base per la costruzione della maggior parte degli articoli di plastica, dalle bottiglie monouso agli apparecchi televisivi”.
Spesso i nurdles vengono persi durante il trasporto con le navi – basta un piccolo foro nel sacco che li contiene – oppure durante le operazioni di carico e scarico nei porti. Piccoli e leggeri come sono, il vento e le correnti li disperdono facendoli arrivare in tutte le spiagge del mondo. Nel 2012 sei container provenienti da Hong Kong ne rovesciarono in mare 150 tonnellate e fu un disastro ambientale.
Le lacrime di sirena sono piccole ma non innocue. Oltre a essere ricettacolo di inquinanti sono pericolose per i pesci che se ne cibano scambiandole per uova o piccole prede. E oltretutto, assicurano da tartAmare, raccoglierle è quasi impossibile.
Eppure questi granuli onnipresenti non compaiono quasi mai nel dibattito sull’inquinamento da plastica.
Per fortuna ci sono organizzazioni che cercano di aumentarne la conoscenza dei nurdles e della loro preponderanza nell’inquinamento marino. La The Great Global Nurdle Hunt, promossa da Fidra – una non-profit scozzese che si occupa di tematiche ambientali – e la Marine Conservation Society incoraggiano le persone a fare attività di scienza partecipata, raccogliendo dati sulla densità dei granuli nelle spiagge di tutto il mondo.
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