Ecosistema

L’attività estrattiva sta distruggendo i fiumi delle Apuane, il report di Arpat

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Il fiume Frigido bianco di marmettola (foto di Elia Pegollo da www.gruppodinterventogiuridicoweb.com)
Tra sversamenti di marmettola, regimazioni forzate e cementificazione degli argini i corsi d’acqua stanno perdendo “qualsiasi caratteristica di naturalità”.

 

di Gabriella Congedo

MASSA CARRARA – Tra sversamenti di marmettola, cementificazione degli argini e distruzione della vegetazione riparia i fiumi delle Apuane hanno perso qualunque carattere di naturalità.
A dirlo stavolta non sono più solo le associazioni ambientaliste ma Arpat, l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale, nel suo ultimo report sulla qualità dei principali corsi d’acqua che nascono dalle Apuane. Con un occhio particolare per i torrenti Frigido e Carrione. L’analisi nasce all’interno del Progetto speciale Cave che l’agenzia sta portando avanti insieme al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze.

Per chi non lo sapesse la marmettola viene dalle cave ed è quel miscuglio micidiale che si crea dalla mescolanza tra scarti di lavorazione del marmo, terre di cava e acqua. In grosse quantità la marmettola cementifica gli alvei e soffoca ogni forma di vita. Agli sversamenti di marmettola è dovuto il bianco che dopo qualche giorno di pioggia intorbida fiumi e sorgenti delle Apuane.

Ecco cosa dice Arpat a questo proposito: “La struttura del substrato risulta, quasi sempre, con una presenza abnorme di sedimento fine (marmettola) che intasa e occlude il sedimento d’alveo. Questa forte e costante presenza di materiali fini e normalmente estranei a torrenti di tipo montano trova la risposta nei bacini estrattivi marmiferi dove non esiste più una naturale regimazione delle acque; la produzione dei sedimenti, da granulometrie fini a ghiaie e ciottoli, nei bacini marmiferi viene mobilitata dalle acque e recapitata in alveo”.

In realtà le cave dovrebbero smaltire gli scarti di lavorazione come rifiuti speciali ma spesso non lo fanno e li abbandonano nei piazzali, da dove poi la pioggia li trascina nei fiumi e infine in mare.

I lavori di ripristino per spostare i detriti dopo le piogge più intense danno il colpo di grazia: “Alcune volte, specie dopo eventi particolarmente intensi con trasporto ad alta energia di materiale anche di dimensioni ragguardevoli, sono messe in atto azioni meccaniche volte al ripristino della sezione d’alveo e asportazione di sedimenti e materiale vario. I mezzi d’opera così finiscono per compromettere definitivamente qualsiasi caratteristica di naturalità del corso d’acqua”.

Come se non bastassero i problemi legati all’attività estrattiva Arpat mette l’accento anche sulla cementificazione dissennata degli argini, con la presenza di “edifici in alveo e di arginature quasi continue, anche rialzate, a protezione di nuclei abitati o strade comunali (oltre che ponti e attraversamenti con luci insufficienti) che limitano di fatto la continuità laterale dei processi fisici naturali come la possibilità di esondare e di muoversi lateralmente”.

Andando nel dettaglio di Carrara, poi, l’agenzia si è concentrata sui bacini marmiferi di Ponti di Vara – Fantiscritti, Torano e Colonnata dove “le lavorazioni e le sistemazioni succedutesi negli anni hanno portato a impostare le vie di arroccamento, i piazzali di cava, di lavorazione e stoccaggio dei blocchi e le aree adibite alla manutenzione o deposito/officina nel fondovalle nello spazio di deflusso naturale delle acque.

Tutto in queste zone è subordinato alle esigenze delle cave di marmo e a farne le spese sono i corsi d’acqua. “Le forti pendenze unite con la necessità di evolvere i processi estrattivi a seconda degli spazi disponibili e delle concessioni hanno fatto sì che la regimazione delle acque superficiali segua l’evolversi delle lavorazioni stesse, dei piazzali di lavorazione, oltre che l’adattamento delle vie di accesso. In questo quadro, le vie di displuvio e regimazione seguono e vengono adattate al fabbisogno delle lavorazioni”.

La lavorazione del marmo sta dunque mettendo in ginocchio un intero ecosistema fluviale e marmettola e terre di cava, non correttamente smaltiti, attraverso i fiumi finiscono in mare.