Il licenziamento dall’oggi al domani di migliaia di operatori ambientali ritenuti ‘non essenziali’ è una scelta politica che avrà delle conseguenze.
di Sandro Angiolini
23 febbraio 2025
Le opinioni sul nuovo presidente degli Stati Uniti sono molto diverse, e direi che è senz’altro un personaggio che divide fortemente l’opinione pubblica. Una notizia che questa settimana ha occupato anche buona parte dei media italiani è che Trump sta licenziando un alto numero di dipendenti pubblici finora impegnati in programmi e attività da lui (o dai suoi collaboratori) ritenuti “non essenziali”. Questo al fine di tagliare il deficit pubblico degli USA, che ricordo essere attualmente attorno al 120% del PIL (Prodotto interno lordo) di quel Paese.
Per intenderci meglio: ogni anno pagano oltre 880 miliardi di dollari di soli interessi sul loro debito (per fare un confronto: quello dell’Italia è attorno al 132% del PIL, e noi paghiamo circa 80 miliardi di euro/anno di interessi ai nostri creditori). In sostanza: gli USA – e l‘Italia – consumano e spendono più di quanto producono e vendono e questo rende entrambi i Paesi strutturalmente più deboli di altri.
Ho dei seri dubbi che licenziare 5-6.000 funzionari pubblici con stipendi “normali” possa incidere sulle cifre che ho scritto sopra. E soprattutto non ritengo che mandare a casa persone con decenni di esperienza dall’oggi al domani via email sia il metodo giusto.
Ma quello che più mi preoccupa è cosa ne sarà delle attività di protezione ambientale che queste persone svolgevano finora.
A tutto questo il quotidiano inglese The Guardian ha dedicato pochi giorni fa un lungo articolo (il più lungo che ricordi di aver mai letto sulla loro edizione online). Ci sono le testimonianze di semplici operai, di ingegneri, geologi, biologi, guardia-parco, che hanno visto di colpo cambiare la propria vita, e quella delle loro famiglie, senza ricevere una giustificazione plausibile.
Le storie che queste persone raccontano parlano di giornate spese a combattere incendi nei boschi, di marcatura e pulizia di sentieri e campeggi, di guida ai visitatori delle aree protette, di osservazione e controllo delle specie selvatiche, di interventi di emergenza per assistere e salvare chi si trovava in difficoltà o a rischio della propria vita.
Non so quanti di voi abbiano mai visitato un parco ma provate a immaginare se, all’improvviso, il personale che vi è impegnato (e già in Italia siamo all’osso) fosse drasticamente ridotto. Sarebbe più facile perdersi e/o avere bisogno di aiuto? È probabile. Sarebbe più alto il rischio che alcune specie di animali risultassero incontrollabili? È probabile. Ma soprattutto: che fine farebbero luoghi storici e simbolici del nostro territorio, a cui la vita di tante persone è stata legata in passato, e lo è ancora oggi?
Ecco, credo che ognuno di noi debba chiedersi se queste scelte politiche fanno davvero l’interesse degli abitanti di una nazione o meno.
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
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