Nella Regione oltre un milione di persone vive in aree a rischio frane e alluvioni e il dissesto idrogeologico deve fare i conti con la carenza di fondi pubblici.
Redazione
29 novembre 2022
La recentissima frana di Ischia ci porta ancora una volta a riflettere sulle conseguenze nefaste dell’abusivismo selvaggio. Di questi temi però si parla solo dopo che c’è stato un disastro e/o dei morti. Ma chi deve prendere decisioni cosa fa nel resto del tempo?
Secondo il rapporto 2021 Dissesto idrogeologico in Italia presentato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), è aumentata la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: l’incremento sfiora rispettivamente il 4% e il 19% rispetto al 2017. Quasi il 94% dei Comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto a erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità.
Nel 2021 oltre 540.000 famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane, mentre sono circa 3 milioni le famiglie e quasi 7 milioni le persone residenti in aree a rischio alluvione. Le regioni con i valori più elevati sono Emilia-Romagna (quasi 3 milioni di abitanti a rischio) e Toscana (oltre 1 milione), seguite da Campania (oltre 580 mila), Veneto (quasi 575 mila), Lombardia (oltre 475 mila) e Liguria (oltre 366 mila).
In realtà, come ricordava Sandro Angiolini in un suo contributo “di cose fattibili nel breve/medio periodo ce ne sarebbero parecchie: evitare di costruire aree industriali e/o residenziali vicino a corsi d’acqua e alla linea di costa; demolire e ricostruire quelle più a rischio già poste in aree simili; installare sistemi di controllo e di previsione di fenomeni meteo-climatici estremi; rinforzare gli argini dei corsi di acqua più soggetti a esondazioni; creare aree di esondazione programmata lontane dai centri abitati; effettuare una manutenzione appropriata degli invasi e delle reti idriche esistenti, e via dicendo. E soprattutto analizzare e intervenire sul territorio seguendo una logica di area vasta, cioè avendo la visione più attenta possibile del bacino idrico complessivo e non solo di singoli tratti di fiume o corso d’acqua”.
In Toscana, dal 2006 al 2022, gli ettari di terra naturale urbanizzati, occupati da case, capannoni e altre strutture sono stati 4.210 a una velocità di 263 ettari all’anno. Per Coldiretti Toscana “occorre accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo, ancora ferma in Senato, che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.
Anche in Toscana, però, la mancanza di volontà politica si sposa con la carenza di fondi pubblici, con quella di competenze specifiche, con una normativa troppo complessa, per produrre come risultato interventi limitati come estensione e talvolta discutibili come approccio tecnico-scientifico. E così non solo paghiamo gli errori del passat,o ma continuiamo a farne di nuovi.
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