Ecosistema

La beffa di cava Combratta: Legambiente Carrara la racconta in un video

Una storia incredibile narrata sotto forma di favola: il tentativo del titolare di farsi autorizzare una mega-cava presentandola come un grandioso progetto di messa in sicurezza.

 

di Giuseppe Sansoni, Legambiente Carrara

CARRARA – Sulla vicenda della cava Fossa Combratta, Legambiente ha pubblicato una video-denuncia satirica scegliendo il genere narrativo della favola, poiché i fatti descritti (purtroppo veri) appaiono, per la loro incredibilità, più propri di una fiaba.
Tra il serio e il faceto, viene ripercorsa la storia della cava, dalla richiesta di autorizzazione per 1370 m3 in tre anni (il massimo consentito dal Piano paesaggistico in attesa dell’approvazione dei piani attuativi di bacino estrattivo) a oggi.

Il crollo di un ammasso roccioso nel 2016 e la presenza di un ammasso “gemello” instabile, oggetto di un’ordinanza dell’ASL di messa in sicurezza, suscita nel titolare un’idea geniale: spacciare la richiesta d’autorizzazione per una mega-cava come un lodevole progetto di messa in sicurezza.
Così, per mettere in sicurezza un ammasso instabile di 400 m3, si propone di partire dall’alto abbattendo 58.000 m3: si asporterebbero cioè tanti blocchi quanti, al ritmo degli anni precedenti, ne sarebbero stati estratti in un secolo. Un vero affare.

Il video denuncia anche la beffa della proposta avanzata dal servizio d’ingegneria mineraria dell’ASL e dall’Ufficio marmo comunale per limitare l’impatto del progetto e superare in tal modo le resistenze degli altri componenti della Conferenza dei servizi: autorizzare, per ora, “solo” circa 26.000 m3, lasciando però sul posto l’ammasso pericolante (da rimuovere in una seconda fase, in seguito a una successiva autorizzazione).

In poche parole, con la finalità dichiarata di “mettere in sicurezza” l’ammasso roccioso, si scaverebbe metà della mega-cava (eludendo il limite del volume ammissibile: 1730 m3), senza rimuovere il pericolo. Un gioco di prestigio indubbiamente brillante! Il video denuncia quindi il rischio che i provvedimenti di messa in sicurezza vengano sfruttati come una grande occasione per aggirare i vincoli del PIT e farsi approvare di tutto, scavalcando anche le leggi a tutela dell’ambiente e del paesaggio.