C’è anche la Toscana tra le regioni italiane non in regola con il trattamento delle acque reflue urbane. Lo scorso anno maxi-multa da 25 milioni più 30 per ogni semestre di ritardo.
di Gabriella Congedo
C’è anche la Toscana tra le 16 regioni italiane che non sono in regola con il trattamento delle acque reflue urbane.
La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’UE in due cause distinte riguardanti la legislazione ambientale. La prima riguarda l’inquinamento atmosferico e la mancata protezione dei cittadini dagli effetti del biossido di azoto (NO2); la seconda causa si riferisce, appunto, all’inquinamento delle acque. In entrambi i casi se persisteranno le inadempienze, come avviene da parecchi anni a questa parte, potrebbero arrivare multe a parecchi zeri.
1) Inquinamento atmosferico
La Commissione invita l’Italia a rispettare i valori limite convenuti sulla qualità dell’aria (direttiva 2008/50/CE) e ad adottare misure adeguate per ridurre i livelli di inquinamento in dieci agglomerati urbani dove vivono circa 7 milioni di persone. Questi valori avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010. L’inquinamento atmosferico com’è noto ha gravi effetti sulla salute ed è direttamente responsabile di malattie gravi e croniche come asma, problemi cardiovascolari e cancro ai polmoni.
In fatto di cattiva qualità dell’aria l’Italia è – se così si può dire – in buona compagnia. Nel maggio 2018 un ricorso simile per mancato rispetto dei valori limite di NO2 era stato inoltrato nei confronti di Francia, Germania e Regno Unito, mentre alla stessa data l’Italia era stata deferita alla Corte di giustizia per via dei livelli costantemente alti di PM10.
2) Inquinamento delle acque
La seconda causa contro l’Italia riguarda l’inquinamento delle acque.
In materia di raccolta e trattamento delle acque reflue l’Europa impone agli Stati membri di restituire all’ambiente acqua pulita. La colpa dell’Italia è quella di aver tardato ad attuare la direttiva europea 271/1991. La Commissione europea ritiene infatti che 620 agglomerati urbani in 16 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) violino le norme UE. Purtroppo non è cosa recente, perché sono più di 13 anni che l’Italia non riesce ad adeguarsi.
Per un caso simile – l’incapacità di mettere a norma i depuratori e gli scarichi di 74 centri urbani sparsi in 18 regioni, all’Italia è stata inflitta nel maggio 2018 una maxi-multa da parte dell’Europa: 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma.
Fonte: ARPAT
Aggiungi un commento