Anche i brand della moda stanno cominciando ad adeguarsi, con alcune novità interessanti. Una giornata a Pitti Immagine Uomo.
di Laura Lop
Questa settimana un evento particolare ha animato Firenze: il Pitti Immagine Uomo.
Da completa ignorante nel settore moda mi sono avventurata in questo mondo per me surreale e divertente, seguendo una scia di ragazzi con calzettoni altezza coscia, salopette a pois e borsette fiorite. Il mio interesse era quello di conoscere i risultati e le novità presentate sotto la sbandieratissima parola “sostenibilità”.
Leggo della nascita di nuove figure all’interno di grandi aziende – il responsabile della sostenibilità – che dichiarano: “bisogna avere una visione circolare delle cose, capire come ridurre drasticamente l’impatto ambientale, per distinguersi ma soprattutto come un dovere di coscienza”.
La ricerca di un posizionamento più sostenibile che vada a intercettare una clientela interessata a valutare anche un comportamento più etico del produttore fa sì che l’obiettivo principale, ossia generare profitto, si raggiunga adottando dei cambiamenti.
Filati di lana che tengono conto del benessere degli animali, lavati con detergenti biodegradabili e scaldati con energia prodotta con pannelli solari; calzature ecofriendly con pellame riciclato e membrana in sughero naturale; lavanderie che adottano impianti di riciclo delle acque; laboratori che riducono l’uso della chimica nei loro trattamenti; la riscoperta dei colori vegetali per il tessile.
A fronte di un investimento iniziale, i benefici sono poi quantificabili nei risparmi produttivi e nell’ottenimento di prodotti green.
I brand della moda che pubblicizzano queste caratteristiche sono poi tenuti a fare controlli aggiuntivi perché hanno la necessità di essere sicuri dell’immagine che sostengono.
Molto bella anche l’iniziativa di un produttore di calzature che si impegna a piantare un albero per ogni paio di scarpe venduto.
Non sono invece d’accordo con quei marchi (alcuni molto famosi) che si dedicano a promuovere capi e accessori in nylon, PET e qualunque fibra sintetica seppur riciclata.
Una gran parte delle microplastiche nei nostri mari deriva dal nostro modo di vestire, a ogni lavaggio in lavatrice questi tessuti sintetici rilasciano frammenti minuscoli di plastica che sfuggono a qualsiasi filtro esistente e finiscono in mare in modo irreversibile. Per cui il beneficio di riciclare queste fibre dovrebbe essere rimpiazzato dal massiccio ritorno a utilizzare fibre naturali.
Una menzione mi preme farla per tutti quei nuovi tessuti e filati che partono dal recupero delle eccedenze alimentari dando vita a innovazioni ecologiche, cruelty-free e di alta qualità.
Solo per citare alcune realtà 100% italiane:
dalla caseina estratta dal latte scaduto per ottenere capi di abbigliamento anallergico, termoregolatore e idratante come una crema;
dal sottoprodotto dell’industria di trasformazione degli agrumi per ottenere una simil seta;
dagli scarti di produzione di vino e funghi prodotti simili alla pelle evitando l’uso di sostanze inquinanti e il consumo di acqua e idonei per abbigliamento, scarpe e settore automobilistico.
Ultima annotazione di questa giornata modaiola, stiamo finalmente sdoganando il concetto dell’usato per i vestiti, gli accessori e perfino il settore di lusso degli orologi. Fast fashion, ma anche case di moda griffate, puntano sempre di più sulla vendita “seconda mano”, con intenti che vanno dall’arginare il problema dei falsi ad aumentare i profitti ma con il positivo risultato finale di estendere il ciclo di vita di un prodotto.
Sto per uscire e m’imbatto nello stand di uno dei pilastri della moda francese: “per LUI, il 2019 sarà l’anno col trucco”. Ok, come dicevo all’inizio non riesco a intendermi di moda… ma senza dubbio Pitti è un’occasione da non perdere e vi consiglio di farci un giro, se siete nei paraggi!
Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.
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