25 chilometri di pannelli fotovoltaici occuperebbero lo 0,45% della superficie agricola inutilizzata. Come scegliere le aree più idonee?
Secondo le analisi del report La corsa delle Regioni verso la neutralità climatica: il primo ranking delle Regioni italiane sul clima 2021, realizzato da Italy for Climate con la collaborazione dell’ISPRA, la Toscana si troverebbe tra le regioni più arretrate per consumi di energia da energie rinnovabili, con un indicatore del 16,7% sul consumo finale lordo di energia delle Regioni italiane nel 2019.
Sulle fonti alternative è stato Mauro Romanelli, presidente dell’associazione Ecolobby, a intervenire su queste pagine: “Si deve, in venti anni, cambiare il modello di produzione energetica, uscendo dalle fonti fossili (gas, carbone e petrolio) e transitando alle energie rinnovabili (sole, vento, idroelettrico). Non si può fare soltanto l’eolico in mare e il fotovoltaico sui tetti: servono anche l’eolico sui crinali montani e il fotovoltaico a terra”.
Il PNRR indicherebbe per la Toscana circa 25 chilometri di pannelli fotovoltaici da installare, lo 0,45% della superficie agricola totale inutilizzata che è di ben 550.000 ettari. “Per una completa decarbonizzazione della nostra economia e del nostro sistema industriale non basta riempire i tetti e le aree industriali di fotovoltaico ma servono circa 4.000 chilometri quadri di territorio, che è circa l’1% del terreno agricolo ad oggi non coltivato” ha aggiunto Romanelli.
Sul fotovoltaico nelle aree agricole è intervenuto ieri Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana: “Non tutti i pannelli sono in grado di produrre la stessa quantità di energia perché l’irradiamento solare non è lo stesso in tutti i luoghi”.
Secondo Neri la capacità fotovoltaica, e non solo la popolazione, dovrebbe essere fra i criteri da mettere in conto quando si stabilirà quanti pannelli toccheranno a ciascun Comune. “Ci sono zone più esposte all’irradiamento solare che attiva i pannelli e bisogna guardare alle zone disastrate dal punto di vista agronomico e a quelle meno produttive. Considerare la superficie agricola di ogni Comune potrebbe essere un metodo da adottare. Siamo lontani dalla neutralità carbonica che dovremmo raggiungere nel 2050 ma abbiamo il dovere di provarci”.
Questo articolo è molto ambiguo e inoltre apre le porte a scempi ambientali che da decenni vengono combattuti, ovvero la perdita di terreno selvatico e o coltivabile, che già di per se scarseggia. Pensare di sostituire le fonti fossili con le alternative è una follia e strizza l’occhio alle lobby energetiche. L’unica possibilità è rivedere totalmente il sistema produttivo e dei consumi, incentivare piccola produzione energetica locale e il risparmio energetico. Non ci sono scorciatoie che siano davvero compatibili con ambiente e biodiversità.