Il dato nel rapporto di uno dei più autorevoli centri di ricerca europei. Eppure gli strumenti per intervenire ci sarebbero ma manca la volontà politica.
di Sandro Angiolini
27 ottobre 2024
È uscito questa settimana un rapporto redatto congiuntamente dal JRC (Joint Research Centre, uno dei più autorevoli centri di ricerca europei) e dalla EEA (l’Agenzia europea per l’Ambiente) sullo stato del suolo in 32 Paesi del nostro continente. Questo studio affronta, a distanza di 12 anni dal precedente rapporto, le principali problematiche legate alla gestione e alla conservazione di una risorsa che troppo spesso diamo per scontata e permanente, ma che in realtà non lo è.
Le cose non vanno per il verso giusto dato che, secondo il rapporto, circa il 63% del suolo europeo è oggetto di degrado. Tenuto conto che per generarne un centimetro occorrono vari secoli (a seconda di numerosi fattori) e che il suolo ospita circa il 60% della biodiversità terrestre è quindi urgente invertire l’attuale rotta. Soprattutto perché il degrado della salute del terreno impatta negativamente sulla nostra sicurezza alimentare e su quella ambientale. Tutto questo comporta, secondo gli autori, un costo per la collettività stimabile tra i 50 e i 97 miliardi di euro all’anno.
Quali sono gli elementi responsabili di questo degrado? Vediamoli insieme:
- la cementificazione per finalità edilizie (ricordo che in Italia abbiamo 10 milioni di case vuote) e di creazione di nuove infrastrutture;
- l’erosione legata a tecniche di agricoltura intensiva e alla mancata e appropriata gestione del terreno;
- fenomeni meteo estremi dovuti al crescente cambiamento climatico;
- inquinamento causato da vari fattori (chimico, fisico, ect)
- disboscamenti effettuati senza criterio.
Per contrastare questi fenomeni le misure ci sarebbero già: vedi i vari contributi pubblici per pratiche agricole sostenibili. Oppure stanno per arrivare: vedi l’EUDR – Regolamento deforestazione zero. A partire dal 30 dicembre 2025 le aziende interessate dal Regolamento EUDR (European Union Deforastation Regulation) devono dimostrare di rispettarne i requisiti se intendono importare ed esportare determinate materie prime e prodotti sul/dal mercato dell’Unione europea; o la “Nature Restoration Law” per invertire il degrado delle zone ad alta biodiversità.
Il diavolo, come sempre, sta nei dettagli. Visto l’esito delle recenti elezioni europee, dove si è registrato uno spostamento a destra, è del tutto improbabile che il Parlamento e la Commissione europee vogliano applicare integralmente e celermente queste norme.
Forse anche per questo motivo lo studio evidenzia l’importanza del ruolo che possono svolgere le iniziative di coinvolgimento dei cittadini in azioni di monitoraggio e conservazione del suolo e la necessità che tutti i governi (nazionali e regionali) si dotino di politiche aggiornate e scientificamente solide per governare bene questa risorsa. Discuterne di più in pubblico sarebbe già un buon risultato.
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
Vedi a questo link
Aggiungi un commento