Ricerca

Ilaria Colzi ed Elena Pulidori, due ricercatrici al servizio dell’ambiente

Da sinistra Ilaria Colzi e Elena Pulidori.
Da sinistra Ilaria Colzi e Elena Pulidori.

Ilaria Colzi dell’Università di Firenze studia l’influenza delle microplastiche sugli impollinatori, Elena Pulidori dell’Ateneo di Pisa valorizza le biomasse di scarto. 

 

Redazione
12 giugno 2024

FIRENZE, PISA – Uno dei talloni di Achille dell’Italia, si sa, è il divario di genere. Secondo il servizio statistico dell’UE solo il 55% delle donne in età lavorativa è occupato, il livello più basso dell’Unione Europea. Questo dato si confronta con l’80% della Germania e il 71% della Francia. Ma ci sono donne che non demordono e con il loro impegno dimostrano come sia possibile sfidare un sistema non proprio meritocratico, mettendo al servizio del prossimo le proprie capacità anche nella tutela dell’ambiente.

Grazie a un finanziamento della National Geographic Society sarà Ilaria Colzi, ricercatrice in Fisiologia vegetale presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, a studiare se l’inquinamento da microplastiche nei suoli può mettere a rischio l’interazione benefica tra piante e insetti impollinatori. Il progetto parte dall’ipotesi che le microplastiche nel suolo possano influenzare alcune caratteristiche fenotipiche e chimiche dei fiori coinvolte nell’attrazione degli impollinatori – colori, odori, qualità del nettare – interferendo così con le preferenze e il comportamento degli insetti in cerca di cibo.

A oggi nessuna indagine di questo tipo è stata mai svolta, pertanto l’attività di ricerca darà un contributo interessante e innovativo. Tutti i dati acquisiti per i siti urbani antropizzati verranno confrontati con le aree più naturali e indisturbate consentendo di ottenere un quadro generale dell’effettiva diffusione di questi inquinanti e del rischio per gli impollinatori. “Considerata la moltitudine di fattori di stress causati dalle attività umane che mettono a rischio le popolazioni di api e bombi in tutto il mondo è diventato ormai urgente capire se, e in che modo, le microplastiche possono rappresentare un ulteriore pericolo per questi importanti organismi – spiega Colzi –. La comunicazione tra piante e impollinatori è reciprocamente vantaggiosa: gli impollinatori migliorano il successo riproduttivo delle piante attraverso l’esportazione e la raccolta del polline; a loro volta, il nettare e il polline servono come nutrimento per gli impollinatori”.

Le piante da fiore hanno sviluppato varie caratteristiche per attrarre o influenzare il successo degli impollinatori tra cui la colorazione dei fiori, i profumi e le caratteristiche del nettare. Questo adattamento è essenziale per attrarre gli impollinatori e qualsiasi interferenza può avere grandi impatti sul processo di impollinazione e, di conseguenza, sulla biodiversità vegetale, sulla salute degli ecosistemi e anche sulla produzione agricola.

“Attraverso esperimenti in condizioni controllate di laboratorio coltiveremo le piante su terreni contaminati artificialmente con microplastiche e osserveremo gli effetti sulla fisiologia, su diverse caratteristiche fiorali e infine sul comportamento di api e bombi attraverso test di preferenza e di memoria – precisa Colzi – e con il mio gruppo di ricerca mi sposterò a bordo di una barca a vela per una crociera tra le isole più incontaminate dell’Arcipelago Toscano, a caccia di microplastiche in nettare, polline e insetti impollinatori”.

Un’altra ricercatrice, Elena Pulidori del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, è invece tra le vincitrici della prima edizione del premio INSTM – Donne nella Scienza e Tecnologia dei Materiali 2024 per le migliori tesi di dottorato. Elena, livornese classe 1990, ha vinto grazie a un progetto per valorizzare le biomasse di scarto dell’industria agroalimentare e zootecnica, in particolare le piume di pollame e le bucce di agrumi. Con la cheratina ricavata dalle piume sono stati realizzati elettrofilati utilizzabili in ambito biomedico e nella bonifica ambientale e riempitivi per la produzione di biocompositi con stampanti 3D. Le piume non convertite, miscelate con la pectina, sono state testate per la produzione di pellet porosi utilizzabili sia in campo ambientale, in quanto capaci di assorbire moltissimi inquinanti, sia nel campo dell’agricoltura come fertilizzante.