Agricoltura

Il riscaldamento globale, le pandemie e le attività zootecniche

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Circa i tre quarti del gas metano prodotto dalle attività agricole proviene dagli allevamenti. Ma qualcosa si può fare per migliorare la situazione, ammesso che non sia troppo tardi. 

 

di Mauro Antongiovanni, Università degli Studi di Firenze

Per gentile concessione dell’Accademia dei Georgofili e dell’autore riceviamo e pubblichiamo parte dell’intervento di Mauro Antongiovanni durante la giornata di studi “Produzione di carne bovina e sostenibilità ambientale: il ruolo della ricerca e dell’innovazione tecnologica”, organizzata dell’Accademia dei Georgofili lo scorso 7 luglio.

Il comparto maggiormente responsabile del rilascio di CO2 in atmosfera è quello della produzione di energia a partire da combustibili fossili (83%), mente tutte le attività agricole contribuiscono per circa il 7% (FAO, 2006 e 2013). Limitatamente alle attività agricole, il metano viene prodotto per circa tre quarti dagli allevamenti animali, specie se di ruminanti, mentre l’N2O proviene direttamente dagli allevamenti per il 18%, per il resto, indirettamente, attraverso la concimazione e la fertirrigazione delle colture.

Per quanto riguarda il contributo degli allevamenti, il continente che produce più gas serra in assoluto è l’America centro-meridionale, caratterizzata dalla pessima abitudine di deforestare, limitando così l’attività fotosintetica delle piante (FAO, 2013). La stima è di 1.735 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti all’anno. Seguono la Cina e il Sud-est asiatico con 1.074 milioni di tonnellate. Il Nord America contribuisce per 684 milioni di tonnellate, con l’Europa occidentale che segue a ruota con 602 milioni. L’Africa del nord e sub-sahariana partecipa con poco più di 700 milioni di tonnellate.
Cambia però la qualità della composizione in funzione del tipo di produzione animale: in America latina e in Nord America prevale l’allevamento dei ruminanti, mentre in Cina e nel Sud-est asiatico prevalgono i suini e i polli.

Possiamo fare qualcosa per migliorare la situazione? Non molto, ma qualcosa si può fare. Anzitutto curando l’alimentazione animale, sia in termini di corretta formulazione, sia in termini di scelta di alimenti alternativi, ad esempio le farine di insetti. Le tecniche di gestione dei liquami possono essere migliorate. È assolutamente imperativo smetterla con la deforestazione selvaggia. Curare la salute e il benessere degli animali dà solo buoni risultati.

Ancora, gli animali devono essere geneticamente adeguati alle attitudini produttive che sono loro richieste. E infine, ma certamente non in ultimo luogo in termini di importanza, dobbiamo cambiare le abitudini alimentari dei Paesi ricchi, diminuendo il consumo degli alimenti di origine animale, senza eliminarli del tutto per non dover ricorrere agli integratori vitaminico-minerali, che arricchiscono le industrie che li producono. Le attività legate alla zootecnia non hanno subito un significativo blocco dovuto al “lockdown” globale di quest’anno. Ognuno faccia quanto è possibile nel suo ambito per salvare la situazione, ammesso che non sia troppo tardi.

Fonte: Accademia dei Georgofili







1 Commento

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  • “senza eliminarli del tutto per non dover ricorrere agli integratori vitaminico-minerali, che arricchiscono le industrie che li producono”?
    RIDICOLI
    A parte che questa degli integratori è un’idiozia, ma poi arricchire invece le aziende che massacrano esseri viventi e stanno distruggendo il pianeta quello va bene? Non vi vergognate a scrivere certe cose??