La Cassazione ha invalidato oltre 177.000 delle 520.000 firme raccolte. Il comitato Aboliamo la caccia: “Dai Comuni inadempienze e ritardi”.
di Gabriella Congedo
Il referendum contro la caccia non si farà. È stato dichiarato “non ammissibile” dalla Corte di Cassazione che ha invalidato oltre 130.000 firme cartacee e 47.000 firme in modalità digitale, per un totale di oltre 177.000. E dunque a questo giro non c’è niente da fare.
La raccolta firme per l’abolizione della caccia, che avrebbe dovuto portare al referendum, era partita il 1° luglio lanciata dal Comitato Sì Aboliamo la Caccia appositamente costituito. In meno di quattro mesi sono state raccolte 520.000 firme, 20.000 in più rispetto al mezzo milione necessario. Un buon risultato se si considera la mancata adesione delle sigle ambientaliste e animaliste più conosciute come Wwf, Legambiente, Lipu, Enpa, Lav.
Alla scadenza il Comitato ha depositato in Cassazione 49 scatole con moduli cartacei e certificati elettorali e 1 hard disk esterno con il materiale raccolto per via informatica.
C’è stato però un problema con i Comuni. Quasi 50.000 firme tra cartacee e digitali, spiegano dal Comitato, sono state presentate in ritardo (il 19 novembre) perché pervenute in ritardo dai Comuni che non hanno fornito in tempo i certificati. E il margine di 20.000 firme in più oltre il mezzo milione richiesto non era sufficiente per stare tranquilli.
“Il materiale oggetto del successivo deposito del 19 novembre 2021 – spiega in una nota il comitato “Aboliamo la caccia” – non è stato oggetto di alcuna verifica ed è stato tenuto distinto da quello oggetto del deposito del 30 ottobre 2021. Pertanto non è stata nemmeno riconosciuta l’inadempienza dei Comuni che resta, di fatto, e ingiustamente, a carico del Comitato Promotore”.
Qualche dubbio il Comitato lo avanza anche sull’accuratezza delle operazioni di verifica: “L’organo di controllo ha pure ammesso che, a causa del presunto disordine nella presentazione del materiale, non è stato possibile agevolare le attività di controllo e verifica, pertanto il Comitato potrebbe appellarsi a questa affermazione e ipotizzare un iniquo e insufficiente conteggio”. Forse la partita non è chiusa del tutto, lascia intendere il comitato che si riserva di decidere “se accettare tale ordinanza emessa oppure approfondire e richiedere ulteriori accertamenti e controlli, in modo da far definitivamente luce sulla situazione”.
“Un’occasione persa ma almeno ci abbiamo provato – commenta Alessandro Torlai presidente di Irriducibili Liberazione Animale, una delle associazioni promotrici -. Abbiamo dovuto combattere persino conto noi stessi, ovvero le associazioni animaliste che ci hanno remato contro. Ci servirà da lezione perché alla prima occasione utile ci riproveremo”.
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