L’associazione ambientalista sta navigando nel Tirreno con un team di ricercatori. Una vera e propria “zuppa” è stata creata dal vortice delle correnti all’interno del Santuario Pelagos.
Sono in molti a chiedersi se l’ “isola di plastica”, come viene chiamata, esista anche da noi. Ebbene sì, esiste, ma più che un’isola è una vera e propria “zuppa” di plastica che, con il gioco delle correnti, si accumula nel Mar Tirreno e per l’esattezza tra l’Elba, la Corsica e l’isola di Capraia, all’interno del Santuario dei Cetacei Pelagos.
Greenpeace l’ha visitata. L’organizzazione ambientalista, insieme a The Blue Dream Project e un team di ricercatori, biologi e videomaker, sta navigando nel mar Tirreno per monitorare l’impatto che ha la plastica sull’ecosistema marino: dalle foci dei fiumi, strade dei rifiuti verso il mare, sta seguendo le rotte dei cetacei, sempre più spesso trovati morti con lo stomaco pieno di plastica, fino appunto a un’ ”Isola che c’è”, ma non si vede, fatta di micro e macro plastiche accumulate dalle correnti marine.
“Tra l’Elba, la Corsica e Capraia, all’interno del Santuario dei Cetacei, abbiamo trovato vera e propria ‘zuppa di plastica’ – ha spiegato Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia – insieme a materiale organico di vario tipo. Bottiglie, contenitori di polistirolo usati per la pesca, flaconi, buste e bicchieri di plastica… Per lo più imballaggi che vengono usati per pochi minuti ma che poi restano in mare per decenni hanno accompagnato la nostra navigazione mentre stavamo percorrendo il Tirreno per monitorare lo stato di inquinamento dei nostri mari insieme al CNR-IAS di Genova e all’Università Politecnica delle Marche durante il nostro tour Mayday“.
La plastica ha davvero il dono dell’ubiquità, è ovunque, anche in quelle aree che sulla carta dovrebbero essere protette, come il Santuario Pelagos. In questo tratto di mare, di alto valore naturalistico per la presenza di molti cetacei, per una convergenza di correnti si crea un vortice di plastica. “Abbiamo effettuato dei campionamenti con i ricercatori a bordo per verificare anche la presenza di microplastiche – continua Ungherese – i risultati saranno noti nei prossimi mesi”.
Greenpeace ha anche lanciato una petizione internazionale, che è stata firmata da più di tre milioni di persone, per chiedere alle grandi aziende di ridurre drasticamente la produzione di plastica, a cominciare da quella usa e getta: “Solo così – conclude Ungherese – possiamo davvero intervenire sul problema e salvare i nostri mari”.
Aggiungi un commento