2016 disastroso. Cia: «Invasione dall’estero è continua e senza garanzie sulla salute dei consumatori». Fondamentale un reddito equo e l’origine in etichetta.
Un reddito equo e adeguato per gli agricoltori; totale sicurezza alimentare per i consumatori. Sono questi i due punti fermi della Cia Toscana per il futuro della cerealicoltura, dopo un 2016 disastroso per il grano e per le altre produzioni.
E’ in sintesi quanto ha sottolineato Enrico Rabazzi, vicepresidente Cia Toscana, intervenendo al convegno “Le filiere cerealicole in Toscana” organizzato da Regione Toscana e Accademia dei Georgofili.
Il territorio toscano è da sempre vocato alla produzione di cereali (grano duro, grano tenero, orzo, mais, farro ed altri cereali minori). Oggi in Toscana il grano viene pagato 19-20 euro al quintale, ovvero per ogni ettaro a un agricoltore vanno 700-800 euro a fronte di costi di produzione pari a 800-1000 euro. «È un prezzo inaccettabile – commenta Rabazzi – a queste condizioni non conviene produrre. Anche perché siamo sommersi da grani esteri, tutt’altro che sicuri dal punto di vista salutistico, che falsano il mercato, non rispettando i veti previsti dall’Italia nella fase dei processi produttivi, come ad esempio l’utilizzo del glifosate (prima della raccolta)».
L’Italia produce 4,5 milioni di tonnellate di grano all’anno, a fronte di un consumo di oltre 6,5 tonnellate. «Gran parte di questo – spiega Rabazzi – arriva dal Canada, ed è quello preferito dagli industriali italiani per produrre la pasta. Un grano che viene ‘tagliato’ con il nostro, che ha una quantità maggiore di proteine e tiene meglio la cottura. Ma dal punto di vista salutistico il nostro grano è più digeribile, la pasta viene ugualmente buona e non contiene sostanze che potrebbero essere dannose per la nostra salute, come micotossine, aflatossine e glifosate. Dobbiamo prima ragionare dal punto di vista della salute del consumatore. La chiarezza in etichetta dovrebbe essere un obbligo, se una pasta è fatta con il 50% di grano estero deve essere scritto in etichetta e il consumatore lo deve sapere. Gli agricoltori potranno migliorare – anche grazie alla ricerca – la qualità del grano italiano ma l’industria deve fare la sua parte e garantire con chiarezza il prodotto che porta sullo scaffale».
IMPORTAZIONE SELVAGGIA – Secondo la Cia Toscana il grano importato in Italia dovrebbe essere controllato prima dell’utilizzo e dell’inserimento nella catena alimentare così come il nostro grano Made in Italy è sicuro al 100% quando va sul mercato.
Solo dal Canada importiamo ben 1,2 milioni di tonnellate di grano duro.
Circa il 15 per cento della pasta venduta come “Made in Italy”potrebbe contenere tracce di un diserbante. Infatti sull’uso di alcune sostanze chimiche non c’è uniformità legislativa a livello mondiale, né ci sono certezze sui danni che queste sostanze possono arrecare alla salute.
Fonte: Cia Toscana
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