In questa storia c’è tutto: fondi europei non spesi, ritardo infrastrutturale e industriale, l’hub dell’energia mancato, veti incrociati e russi cattivi. E scelte che poi ricadono sulla collettività…
di Lorenzo Somigli
22 novembre 2022
PIOMBINO (Li) – No, non è il tutto vittoriano Galsworthy o la certamente più nota Gal Gadot, è il GALSI. Un acronimo che ai più non dice granché. In effetti, è un nome sepolto tra le sabbie del tempo e le scartoffie. Sciogliendo la sigla, esso significa “Gasdotto Algeria Sardegna Italia”. Suona poco familiare ma meno ignoto. Nel prosieguo farà il suo ingresso sulla scena un’altra sigla, “GNL”, ma dopo. Tornando al GALSI, si tratta di un progetto per l’importazione di gas dall’Algeria all’Italia, passando per la Sardegna. Piombino il suo approdo peninsulare. Un progetto di grande rilevanza per l’Italia, per le sue regioni coinvolte, Sardegna in primis, ma anche per la stessa Unione Europea che lo aveva identificato come strategico.
Il gasdotto avrebbe dovuto essere completato prima nel 2010, poi nel 2012 e, proroga dopo proroga, addirittura nel 2018. Si stima che avrebbe potuto importare circa “8 miliardi di metri cubi all’anno” [1]. Per fare un raffronto, seppur non esaustivo, un gasdotto attualmente in funzione come il TTPC ha una capacità di trasporto di circa 34 miliardi di metri cubi all’anno [2]. Il tragitto del GALSI era così previsto: Koudiet Draouche sulle coste del Paese nordafricano con cui l’Italia vanta relazioni consolidate, arrivo a Porto Botte nel sud della Sardegna, poi Olbia e quindi Piombino, sua destinazione finale. Una rotta molto più breve rispetto a quella di gasdotti attualmente attivi come il già citato TTPC o gli altri.
Gli obiettivi del gasdotto erano almeno tre. Innanzitutto, favorire una diversificazione degli approvvigionamenti europei, già allora nell’ottica di ridurre il potere di ricatto di alcuni Paesi. Fare dell’Italia quel tanto vagheggiato “hub dell’energia”, mettendo a frutto – e al servizio di tutta la UE – la sua naturale posizione di ponte nel Mediterraneo allargato o mare nostrum, se preferito; nel frattempo la Turchia, da cui passa il TAP, si appresta a diventarlo. Infine, la metanizzazione della Sardegna, regione allora non raggiunta dal gas naturale, dove si ricorreva a GPL, aria propanata e gasolio, fortemente climalteranti. Una grave lacuna considerata, per lo meno, concausa della profonda deindustrializzazione della Sardegna, alla quale si è faticosamente posto rimedio solo negli anni successivi, grazie agli investimenti di Italgas attraverso Medea [3]. Per esempio, la prima città ad essere raggiunta dal gas naturale è stata Alghero, solo nel 2020. Infatti la Regione Sardegna è stata sempre in prima linea a sostegno del progetto.
Breve ricostruzione storica
Di GALSI si parla dall’inizio del 2000; negli anni successivi ci sono stati precisi accordi tra Italia e Algeria, come quello tra Prodi e Bouteflika nel 2006. Oltre dieci anni fa, l’Unione Europea valutò questo gasdotto un’opera di rilevanza strategica stabilendo, inoltre, un finanziamento da 120 milioni di euro, ricompresi nell’European Energy Programme for Recovery, nell’ambito delle misure anticrisi post-2010.
Nel 2011 la Regione Toscana dette parere favorevole alla Via ministeriale chiedendo, però, alcune compensazioni ovvero “la realizzazione di una condotta sottomarina da Piombino all’Elba per consentire la metanizzazione dell’isola” e “la creazione di un contesto favorevole a imprese toscane o che intendano collocarsi in Toscana, attraverso la possibilità di accedere a forniture di gas metano a prezzi vantaggiosi, pur nel rispetto della tutela della concorrenza” [4]. In precedenza, nel PIER 2009-2010 la Regione prevedeva di realizzare il gasdotto GALSI e due rigassificatori, a Livorno e Rosignano.
A più riprese i vari governi italiani hanno sottolineato l’importanza del progetto; basti citare per tutti la visita di Gentiloni [5] nel 2015, durante la quale l’attuale commissario europeo ha ribadito la volontà di rilanciare il progetto. Negli anni, però, l’iter si inceppa, tra veti dei comitati, anche in Sardegna, tentativi di ostruzione, come quello di Gazprom, preoccupata dal rischio di perdere una fetta di mercato – ciò confermerebbe la bontà dell’opera – e lungaggini burocratiche, soprattutto in Regione Toscana.
Alla fine, il progetto si arena e nel 2014 la UE revoca i finanziamenti per “mancanza di progressi” [6], come confermato anche in recenti interrogazioni presentate dalla deputazione italiana in Europa [7]. La Regione sostiene che le motivazioni del fermo al progetto stiano nelle mancate compensazioni ovvero perché, a parole dell’allora assessore Bramerini (2013), il “collegamento sottomarino tra Piombino e l’Elba sarebbe stato realizzato a carico della collettività” e perché GALSI aveva espresso “disponibilità ad aprire il tavolo con le associazioni delle imprese toscane, ma ha anche detto che, a causa della crisi del mercato del gas, non poteva dare alcuna garanzia su questo tema”. Spiegazioni queste che meriterebbero ulteriori chiarimenti.
Il gas come “risorsa-ponte”
Grazie alla sua capacità di generare corrente elettrica in modo continuativo e alle ridotte (non assenti) emissioni rispetto ad altre fonti fossili, il gas – parola di Ursula – è stato identificato come “risorsa-ponte” per la transizione ecologica; in sostanza, il gas è necessario per accompagnare il passaggio a fonti rinnovabili considerate “pulite” – anche se su questo si potrebbe aprire un altro dibattito partendo dalle materie prime, le terre rare. Infatti, anche il gas è stato inserito nel RePowerEU.
Negli ultimi tempi la stampa algerina [8] aveva ipotizzato un nuovo rilancio del progetto, in quanto parte della strategia di Algeri per trasformarsi in un crocevia intercontinentale del gas, anche grazie all’ipotizzato gasdotto Nigeria-Europa, ma molto probabilmente non ha tenuto conto dei nuovi e recenti sviluppi nell’approdo toscano che potrebbe essere, nel frattempo, già occupato.
La meta finale: Piombino
Nel frattempo, sulla spinta della crisi energetica, Piombino è tornata al centro delle strategie regionali e non solo. Si potrebbe aprire un dibattito sulle prospettive concrete di una Piombino post-industriale: di bonifiche e riconversioni e progetti “green” se ne sono visti ben pochi mentre la deindustrializzazione ha morso.
Stando ai fatti, adesso, anziché essere l’approdo di un gasdotto, previe compensazioni, seppur non del tutto precisate come illustrato sopra, Piombino è stata scelta come sede del rigassificatore, TAR permettendo. Pur tuttavia, l’allineamento regione-governo lascia intuire che non ci saranno problemi; a ciò è servito “nazionalizzare” la questione, prima con Draghi, ora con Meloni.
Se sull’impatto ambientale non è facile pronunciarsi ed è meglio appoggiarsi al parere dei tecnici, è bene chiarire alcuni aspetti del rigassificatore e della risorsa che usa il GNL. Come ogni infrastruttura ha un impatto, in questo caso non sono state stabilite in partenza le compensazioni; di contro sul GALSI era in corso una mediazione, sebbene difficile, questa rischia di essere certamente al ribasso proprio perché “si deve fare”.
Il gas, in questo caso, è liquefatto e dev’essere “rigassificato”. Il rigassificatore dev’essere comprato, spedito, montato e i tempi non sono brevi (vedasi precedenti). I prezzi del GNL sono, di massima, molto più alti a causa dei contratti spot – le navi approdano dove conviene di più – rispetto al gas naturale che arriva solo dopo accordi economici con retroterra diplomatico; con gli algerini si può sempre sedersi a un tavolo e mediare vista l’eredità della politica geo-energetica di Mattei.
Insomma, la scelta è tra oscillazioni (ricatti?) dei prezzi, incontrollabili, e accordo politico o, come dicono gli esperti di energia, “matrimonio”, visto che i Paesi si legano da un gasdotto.
Prospettive
Il modello energetico delle sole importazioni ha mostrato la sua estrema fragilità. Il Paese, sotto i colpi della scarsità energetica, è costretto a evolvere verso un modello basato su una non semplice e non immediata autoproduzione, puntando su tutte le fonti a disposizione, in prima battuta rinnovabili, che però sono ancora tempestate di vincoli.
Tutto lascia intendere che, al confronto con il rigassificatore, quello del gasdotto sarebbe stato un investimento sensato, viste le contingenze, visto il sempre complesso quadro geopolitico nordafricano instabile a causa delle tensioni tra la repubblicana Algeria e il monarchico Marocco (che hanno portato in precedenza a interruzioni nel flusso passante per Marocco e poi Spagna) e visto anche l’andamento dei prezzi del gas, destinati a rimanere stabilmente alti. È una conseguenza dell’era della scarsità.
C’è poi un’ultima riflessione da fare, che investe il destino, la pianificazione di un territorio che ha sofferto, sia dal punto di vista ambientale sia per la deindustrializzazione (e le promesse di rilancio “green” disattese) e che si trova a dover sopportare una scelta senza certezze e soprattutto senza possibilità di mediazione politica ed economica sostanziale.
Fonti
- Edison, Gasdotto Galsi
- Agi, “Eni estende al 2029 l’accordo con la Tunisia sul trasporto del gas naturale algerino” – 04/08/2019
- Rienergia, “3 agosto 2020, una data storica per la metanizzazione della Sardegna” – 02/09/2020
- Toscana Notizie, “Galsi, sì della Regione alla Via per il metanodotto” – 16/02/2011
- L’Expression, “Le gazoduc “Galsi” nous intéresse toujours” – 03/02/2015
- Ansa Europa, “Gas: Ue, fondi GALSI ritirati per mancanza di progressi” – 01/09/2022
- Interrogazione parlamentare – P-002664/2022, “Progetto GALSI: la Commissione chiarisca sui motivi del ritardo di quest’opera” – 19/07/2022
- La Nouvelle République, “Quelles perspectives pour intensifier la coopération entre l’Europe et l’Algérie, lors de la visite de la Commissaire européenne à l’énergie?” – 12/10/2022
Altre risorse consultate
- L’Unione Sarda, “Il Galsi nei piani dell’Europa, frenano le lobby” – 06/03/2022
- Cagliaripad, “Galsi, dagli intenti di Soru alle pressioni russe: storia di un gasdotto mai nato” – 04/03/2022
- T24, “Le energie rinnovabili sono una nicchia (a parte la geotermia)” – 07/03/2022
Referenze sul tema
http://turkishpolicy.com/blog/80/the-mediterranean-option-in-energy
http://turkishpolicy.com/blog/65/energy-crisis-in-italy-the-end-of-a-model
Lorenzo Somigli
Giornalista pubblicista e ufficio stampa per associazioni, fondazioni, aziende.
Collabora con riviste e centri studi italiani e internazionali.
Da collaboratore parlamentare, segue anche i lavori dell’VIII Commissione alla Camera.
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