Primi risultati della spedizione oceanografica in Nuova Zelanda tra pianure abissali e montagne sottomarine.
PISA – È uscito sulla rivista Science Advances di uno dei primi articoli sui risultati della spedizione oceanografica dell’International Ocean Discovery Program al largo dell’isola nord della Nuova Zelanda. Spedizione a cui ha partecipato, unica italiana a bordo, Francesca Meneghini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Cosa si è scoperto? Che i cosiddetti terremoti silenti, che in termine tecnico sono definiti slow slip events, avvengono lungo faglie in rocce con caratteristiche geologiche molto diverse tra loro.
“Gli slow slip events sono stati scoperti e registrati tramite stazioni GPS solo negli ultimi 20 anni e rappresentano un tipo di movimento “intermedio” tra quello delle placche tettoniche, che si muovono di pochi centimetri l’anno senza che noi lo percepiamo, e il movimento lungo faglie di pochi metri al secondo che libera energia in maniera catastrofica generando terremoti e tsunami – spiega Francesca Meneghini – Questi “terremoti lenti” o “terremoti silenti” non sono, appunto, terremoti in senso stretto perché sono caratterizzati da piccoli incrementi di scivolamento che rilasciano poca energia”.
Non sono, però, da sottovalutare. “Nonostante non rilascino energia in modo sismico possono causare tsunami – continua la Meneghini – e rappresentano un pericolo per la vita dell’uomo. Sono localizzati lungo porzioni di faglia che si chiamano in gergo “bloccate”, e che sono quelle che si prevede possano rompersi in modo sismico, ma ancora non è chiaro quale sia la relazione con i grandi terremoti, di cui forse potrebbero essere fenomeni precursori”.
Alla spedizione hanno partecipato 32 ricercatori provenienti da Stati Uniti, Europa, Nuova Zelanda, Giappone, Gran Bretagna, Cina, Corea, Brasile, perforando e campionando 4 pozzi a profondità di circa 1 km e sotto una colonna d’acqua di 3,5 km.
“Lo studio appena pubblicato raccoglie i primi risultati della spedizione che mostrano come la placca che entra in subduzione, cioè in scorrimento, nella zona sorgente di slow slip events sia caratterizzata da rocce e sedimenti molto diversi tra loro in composizione e caratteristiche meccaniche e fisiche, nonché da una topografia molto frastagliata che include pianure abissali alternate a seamounts, montagne sottomarine che possono superare 1 km di altezza rispetto al fondo oceanico – conclude Francesca Meneghini- Sono dati molto importanti perché direttamente collegati a una delle ipotesi sul tavolo: che gli slow slip events sarebbero favoriti in faglie che attraversano rocce con caratteristiche molto diverse, con blocchi rigidi che interagiscono con materiali più “morbidi” e duttili”.
Fonte: Università di Pisa
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